Undicenne annegò in piscina. All’udienza preliminare separate le posizioni dei due imputati

Undicenne annegò in piscina. All’udienza preliminare separate le posizioni dei due imputati
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NOVARA - L’episodio risale al 27 agosto 2012 alla piscina comunale di Trecate. Quel giorno una bimba marocchina di 11 anni, Miriam Mouihli, residente nella cittadina trecatese, si era tuffata in acqua. Poco dopo due amiche l’avevano notata in fondo alla vasca. Inizialmente avevano pensato stesse scherzando, ma così non era. Intuito che si trattasse di qualcosa di diverso e di ben più grave, avevano allertato il bagnino, che era intervenuto, prestandole i primi soccorsi. La bambina era stata trasportata all’ospedale Maggiore, nel reparto di Rianimazione. Nel pomeriggio di quello stesso giorno era stata trasferita al nosocomio di Alessandria. Le sue condizioni non erano, però, mai migliorate e il suo cuoricino aveva cessato di battere il 4 settembre.

Negli scorsi mesi, per questo decesso, la Procura di Novara, con il pm Nicola Serianni, ha chiesto il rinvio a giudizio per il gestore della piscina, Roberto Travaglino, 50 anni, assistito dall’avvocato Roberto Rognoni e per Lorenzo Testa, bagnino di 21 anni di Novara, difeso dall’avvocato Claudio Bossi. L’accusa per loro è quella di omicidio colposo. Mercoledì, in Tribunale, l’udienza preliminare. Le due posizioni sono state, alla fine, separate. Testa, che ha chiesto e ottenuto con il suo avvocato il rito abbreviato, sarà processato il 16 dicembre. Prossima udienza per Travaglino, invece, il 6 ottobre, quando l’avvocato Rognoni discuterà la preliminare. Obiettivo, far prosciogliere il suo assistito. Nel caso il 50enne venisse rinviato a giudizio, si seguirà il processo ordinario. La Procura contesta a Travaglino alcune mancanze, in particolare il fatto, parrebbe, di non aver segnalato adeguatamente dove l’acqua era particolarmente alta, al bagnino, invece, di non essere intervenuto con celerità. Entrambi, tramite i propri difensori, hanno fatto sapere di aver fatto ogni cosa possibile per salvare la bambina, come riferito anche da alcune testimonianze. La piscina, tra l’altro, come aveva spiegato l’avvocato Rognoni, era approvata, quanto a norme e segnaletica, «tanto dall’Asl quanto dal Comune e il cartello indicante l’acqua alta era presente». Nel processo anche una parte civile. E’ il padre della piccola, assistito dall’avvocato Daniela Fontaneto. 

mo.c.

 

Per saperne di più leggi l’articolo sul Corriere di Novara in edicola sabato 19 settembre


NOVARA - L’episodio risale al 27 agosto 2012 alla piscina comunale di Trecate. Quel giorno una bimba marocchina di 11 anni, Miriam Mouihli, residente nella cittadina trecatese, si era tuffata in acqua. Poco dopo due amiche l’avevano notata in fondo alla vasca. Inizialmente avevano pensato stesse scherzando, ma così non era. Intuito che si trattasse di qualcosa di diverso e di ben più grave, avevano allertato il bagnino, che era intervenuto, prestandole i primi soccorsi. La bambina era stata trasportata all’ospedale Maggiore, nel reparto di Rianimazione. Nel pomeriggio di quello stesso giorno era stata trasferita al nosocomio di Alessandria. Le sue condizioni non erano, però, mai migliorate e il suo cuoricino aveva cessato di battere il 4 settembre.

Negli scorsi mesi, per questo decesso, la Procura di Novara, con il pm Nicola Serianni, ha chiesto il rinvio a giudizio per il gestore della piscina, Roberto Travaglino, 50 anni, assistito dall’avvocato Roberto Rognoni e per Lorenzo Testa, bagnino di 21 anni di Novara, difeso dall’avvocato Claudio Bossi. L’accusa per loro è quella di omicidio colposo. Mercoledì, in Tribunale, l’udienza preliminare. Le due posizioni sono state, alla fine, separate. Testa, che ha chiesto e ottenuto con il suo avvocato il rito abbreviato, sarà processato il 16 dicembre. Prossima udienza per Travaglino, invece, il 6 ottobre, quando l’avvocato Rognoni discuterà la preliminare. Obiettivo, far prosciogliere il suo assistito. Nel caso il 50enne venisse rinviato a giudizio, si seguirà il processo ordinario. La Procura contesta a Travaglino alcune mancanze, in particolare il fatto, parrebbe, di non aver segnalato adeguatamente dove l’acqua era particolarmente alta, al bagnino, invece, di non essere intervenuto con celerità. Entrambi, tramite i propri difensori, hanno fatto sapere di aver fatto ogni cosa possibile per salvare la bambina, come riferito anche da alcune testimonianze. La piscina, tra l’altro, come aveva spiegato l’avvocato Rognoni, era approvata, quanto a norme e segnaletica, «tanto dall’Asl quanto dal Comune e il cartello indicante l’acqua alta era presente». Nel processo anche una parte civile. E’ il padre della piccola, assistito dall’avvocato Daniela Fontaneto. 

mo.c.

 

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