Donne “sovversive”, donne comuni

Donne “sovversive”, donne comuni
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NOVARA - Mostra molto interessante quella allestita presso l’Archivio di Stato di Novara (ingresso da via Dell’Archivio 2) intitolata “Il pensiero delle ‘sovversive’ donne schedate dalla Questura tra il 1920 e il 1943”, messa a punto dopo un attento studio dei documenti relativi alle “sorvegliate” conservati nei circa 2.000 fascicoli della serie dei “Sovversivi” dell’Archivio della Questura, dall’inizio del Novecento al 1960 circa. Inaugurata l’8 marzo, è stata dedicata alle donne per offrire un punto di vista storico inedito e far riflettere su come il controllo dello Stato negli anni del fascismo si fosse insinuato nelle pieghe della quotidianità più minuta, messo in allarme da espressioni verbali comunissime, quasi sempre al di fuori della sfera politica. Presenti all’inaugurazione con il direttore dell’Archivio Marcella Vallascas e Chiara Scionti, la funzionaria che ha analizzato i documenti e le immagini esposte, il prefetto Paolo Francesco Castaldo, il questore Gaetano Todaro, il comandante della Guardia di Finanza Giovanni Casadidio, il comandante dei Carabinieri Domenico Mascoli e i consiglieri comunali Elena Foti e Flavio Freguglia. Allestita nella Sala Amelio con la collaborazione di Sergio Monferrini, l’esposizione è visitabile fino al 17 marzo, da lunedì al venerdì dalle 9 alle 15 con ingresso gratuito. Una mostra “da leggere”, dedicata alle donne comuni, di cui sono raccontate le quarantasette storie, vetrina per vetrina.  Donne definite di volta in volta come “socialiste”, “comuniste”, “antifasciste”, “sospette sovversive”. Qualcuna di loro, come Elvira Berrini e Rosa Guazzoni, attive nella lotta antifascista, ma quasi tutte le altre dichiarate “sovversive” senza prove concrete, solo sulla base di frasi udite e riportate da delatori. Nei documenti trascritti da Chiara Scionti si apprende che erano entrate del tutto casualmente nella rete di controllo ma, ciò nonostante, la loro vita è stata spiata per anni, in molti casi fino agli anni Cinquanta, in Italia e all’estero. Le immagini fotografiche permettono di conoscerne i volti, le espressioni: Rosa Caramella, Laura Cibrario, Olga Cortese, Amelia Ferracini… Leggendo i documenti possiamo immaginare il disagio e lo stupore nel trovarsi sotto controllo, a volte perché mogli di uomini che non svolgevano attività filo governativa. Ricordiamo le vicende di Amelia Nava, segnalata nel 1928 per “grida sediziose e affetta di mania di persecuzione” (ma, probabilmente, solo alcolista) continuamente sorvegliata, ricoverata più volte in manicomio e nel 1939 in occasione dell’arrivo in Novara di Mussolini. O quella di Teresa Nazzari rimproverata perché uscendo dal Caffè Fonio Carmen, la bambina di cinque anni che era con lei, aveva ripetuto la frase ascoltata in ospedale “Il Duce comanda, il Re ubbidisce, la pancia patisce”, probabilmente affascinata dalla rima; la storia della bella Ruth Maria Mould nata a Londra, coniugata, casalinga residente in Novara proprio in via Dell’Archivio e controllata perché straniera o quella di Maria Mora, vent’anni, di Borgomanero ma residente a Roma, colpevole di aver narrato in tono divertito un episodio che riguardava il duce.
Una mostra che è occasione per conoscere storie di donne novaresi finora nascoste e per divenire sempre più consapevoli dell’importanza di poter conservare memoria di una Storia fatta di quotidiano.
Emiliana Mongiat

NOVARA - Mostra molto interessante quella allestita presso l’Archivio di Stato di Novara (ingresso da via Dell’Archivio 2) intitolata “Il pensiero delle ‘sovversive’ donne schedate dalla Questura tra il 1920 e il 1943”, messa a punto dopo un attento studio dei documenti relativi alle “sorvegliate” conservati nei circa 2.000 fascicoli della serie dei “Sovversivi” dell’Archivio della Questura, dall’inizio del Novecento al 1960 circa. Inaugurata l’8 marzo, è stata dedicata alle donne per offrire un punto di vista storico inedito e far riflettere su come il controllo dello Stato negli anni del fascismo si fosse insinuato nelle pieghe della quotidianità più minuta, messo in allarme da espressioni verbali comunissime, quasi sempre al di fuori della sfera politica. Presenti all’inaugurazione con il direttore dell’Archivio Marcella Vallascas e Chiara Scionti, la funzionaria che ha analizzato i documenti e le immagini esposte, il prefetto Paolo Francesco Castaldo, il questore Gaetano Todaro, il comandante della Guardia di Finanza Giovanni Casadidio, il comandante dei Carabinieri Domenico Mascoli e i consiglieri comunali Elena Foti e Flavio Freguglia. Allestita nella Sala Amelio con la collaborazione di Sergio Monferrini, l’esposizione è visitabile fino al 17 marzo, da lunedì al venerdì dalle 9 alle 15 con ingresso gratuito. Una mostra “da leggere”, dedicata alle donne comuni, di cui sono raccontate le quarantasette storie, vetrina per vetrina.  Donne definite di volta in volta come “socialiste”, “comuniste”, “antifasciste”, “sospette sovversive”. Qualcuna di loro, come Elvira Berrini e Rosa Guazzoni, attive nella lotta antifascista, ma quasi tutte le altre dichiarate “sovversive” senza prove concrete, solo sulla base di frasi udite e riportate da delatori. Nei documenti trascritti da Chiara Scionti si apprende che erano entrate del tutto casualmente nella rete di controllo ma, ciò nonostante, la loro vita è stata spiata per anni, in molti casi fino agli anni Cinquanta, in Italia e all’estero. Le immagini fotografiche permettono di conoscerne i volti, le espressioni: Rosa Caramella, Laura Cibrario, Olga Cortese, Amelia Ferracini… Leggendo i documenti possiamo immaginare il disagio e lo stupore nel trovarsi sotto controllo, a volte perché mogli di uomini che non svolgevano attività filo governativa. Ricordiamo le vicende di Amelia Nava, segnalata nel 1928 per “grida sediziose e affetta di mania di persecuzione” (ma, probabilmente, solo alcolista) continuamente sorvegliata, ricoverata più volte in manicomio e nel 1939 in occasione dell’arrivo in Novara di Mussolini. O quella di Teresa Nazzari rimproverata perché uscendo dal Caffè Fonio Carmen, la bambina di cinque anni che era con lei, aveva ripetuto la frase ascoltata in ospedale “Il Duce comanda, il Re ubbidisce, la pancia patisce”, probabilmente affascinata dalla rima; la storia della bella Ruth Maria Mould nata a Londra, coniugata, casalinga residente in Novara proprio in via Dell’Archivio e controllata perché straniera o quella di Maria Mora, vent’anni, di Borgomanero ma residente a Roma, colpevole di aver narrato in tono divertito un episodio che riguardava il duce.
Una mostra che è occasione per conoscere storie di donne novaresi finora nascoste e per divenire sempre più consapevoli dell’importanza di poter conservare memoria di una Storia fatta di quotidiano.
Emiliana Mongiat

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