«In tivù? Con me non funziona. Non ci sono omidici»

«In tivù? Con me non funziona. Non ci sono omidici»
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BORGOMANERO - Essere un appassionato lettore di Andrea Vitali significa un consistente impegno economico per acquistare tutta la sua produzione. Il medico scrittore di Bellano, classe 1956, nel corso della sua carriera di romanzi ne ha pubblicati ben 35. I conti sono presto fatti. Abbiamo chiacchierato con lui all'incontro ospitato dalla libreria E.P. Boooks di Borgomanero e organizzato dal Kiwanis Club, per la presentazione del suo ultimo libro, “A cantare fu il cane”, (Garzanti, 420 pagine, 18,60 euro). «No, ultimo no – mi ha ribattuto –, per una questione scaramantica preferisco dire il più recente. Attualmente sto lavorando alla revisione del testo di un racconto che uscirà a settembre e poi ne ho altri sei pronti nel cassetto».

Il suo esordio è avvenuto nel 1989 con “Il procuratore”, in realtà a scrivere ha iniziato da adolescente con una serie di lettere appassionate destinate alla tua “morosina” che però la preferì ad uno con il motorino. L'ha più rivista?

«Certamente e in più occasioni e tutte le volte che la incontro mentalmente ringrazio chi, grazie al motorino, me l'ha soffiata. Ora è diventata una signora molto, ma mooolto abbondante. Per quanto riguarda le lettere spero che il tempo ne abbia cancellato ogni traccia».

Ma com'è la giornata tipo dello scrittore Andrea Vitali?

«Banale, assolutamente banale. Ho un orologio biologico che mi fa svegliare alle 6 e 30, colazione, Televideo, sono uno dei pochi rimasti a guardarlo, sigaretta, ma agli altri raccomando di non fumare… Quindi, se non sono impegnato in viaggi per la presentazione di nuove pubblicazioni inizio a scrivere, rivedere testi, raccogliere nuove idee. Il pomeriggio è dedicato alla lettura, la parte più importante del mio lavoro. Se dovessi scegliere tra leggere e scrivere opterei per la lettura. Alle 18 stacco».

Come nasce l'idea e la trama di un libro?

«Guardando, osservando, annotando di tutto, dai cartelli stradali alle insegne alla involontaria comicità di certe affermazioni. Ma può anche capitare di essere colti da un’idea improvvisa, come mi è accaduto per le “Mele di Kafka”. Mi è venuta durante un tour in Trentino. Stavo lavorando a “Viva più che mai” e l'ho interrotto. Poiché avevo delle scadenze editoriali da rispettare, in cinquanta giorni ultimai il nuovo racconto».

Pensare, scrivere, promuovere i libri: ma come faceva a fare anche il medico?

«Andando avanti con gli anni e non avendo più la capacità di recupero del passato ho dovuto fare una scelta e ho scelto l'ambito in cui avrei fatto meno danni. In realtà non ho smesso di fare il medico. Il mio ambulatorio è aperto per chi mi chiede di essere visitato, ovviamente gratuitamente. Ho smesso di fare il medico di base, di ottemperare alla burocrazia, insomma di fare il passacarte».

Mi domando dove trova i nomi dei protagonisti dei suoi romanzi che sono pure tantissimi. Nel libro “A cantare fu il cane” ne ho contati 94. Ma non solo protagonisti o comparse, anche le citazioni hanno un nome, come quella di Leonarco Farfalin, un pittore di cui si perde subito traccia. L'unico a non essere battezzato è il ferocissimo cagnetto identificato come bastardino…

«Direi che Bastardino per un cagnetto mordace la dice tutta. Per i nomi confesso di aver attinto a piene mani dall'Almanacco di Barbanera. Poi alcune storpiature, invenzioni legate alle caratteristiche fisiche e professionali dei soggetti e, come sempre, osservando. Ad esempio, quelli dei due carabinieri di questo romanzo, Grafico e Virgola».

Le hanno mai chiesto di portare i suoi racconti in televisione?

«Sì, me l'hanno chiesto ma la cosa non è andata in porto. Dopo sei mesi gli sceneggiatori si sono accorti che nelle miei storie non ci sono delitti… Sei mesi per accorgersi che il massimo dei miei criminali sono pescatori di frodo o contrabbandieri. Nessun delitto efferato, niente sangue e violenza. Ma così in tv non funziona!».

Franco Tosca

BORGOMANERO - Essere un appassionato lettore di Andrea Vitali significa un consistente impegno economico per acquistare tutta la sua produzione. Il medico scrittore di Bellano, classe 1956, nel corso della sua carriera di romanzi ne ha pubblicati ben 35. I conti sono presto fatti. Abbiamo chiacchierato con lui all'incontro ospitato dalla libreria E.P. Boooks di Borgomanero e organizzato dal Kiwanis Club, per la presentazione del suo ultimo libro, “A cantare fu il cane”, (Garzanti, 420 pagine, 18,60 euro). «No, ultimo no – mi ha ribattuto –, per una questione scaramantica preferisco dire il più recente. Attualmente sto lavorando alla revisione del testo di un racconto che uscirà a settembre e poi ne ho altri sei pronti nel cassetto».

Il suo esordio è avvenuto nel 1989 con “Il procuratore”, in realtà a scrivere ha iniziato da adolescente con una serie di lettere appassionate destinate alla tua “morosina” che però la preferì ad uno con il motorino. L'ha più rivista?

«Certamente e in più occasioni e tutte le volte che la incontro mentalmente ringrazio chi, grazie al motorino, me l'ha soffiata. Ora è diventata una signora molto, ma mooolto abbondante. Per quanto riguarda le lettere spero che il tempo ne abbia cancellato ogni traccia».

Ma com'è la giornata tipo dello scrittore Andrea Vitali?

«Banale, assolutamente banale. Ho un orologio biologico che mi fa svegliare alle 6 e 30, colazione, Televideo, sono uno dei pochi rimasti a guardarlo, sigaretta, ma agli altri raccomando di non fumare… Quindi, se non sono impegnato in viaggi per la presentazione di nuove pubblicazioni inizio a scrivere, rivedere testi, raccogliere nuove idee. Il pomeriggio è dedicato alla lettura, la parte più importante del mio lavoro. Se dovessi scegliere tra leggere e scrivere opterei per la lettura. Alle 18 stacco».

Come nasce l'idea e la trama di un libro?

«Guardando, osservando, annotando di tutto, dai cartelli stradali alle insegne alla involontaria comicità di certe affermazioni. Ma può anche capitare di essere colti da un’idea improvvisa, come mi è accaduto per le “Mele di Kafka”. Mi è venuta durante un tour in Trentino. Stavo lavorando a “Viva più che mai” e l'ho interrotto. Poiché avevo delle scadenze editoriali da rispettare, in cinquanta giorni ultimai il nuovo racconto».

Pensare, scrivere, promuovere i libri: ma come faceva a fare anche il medico?

«Andando avanti con gli anni e non avendo più la capacità di recupero del passato ho dovuto fare una scelta e ho scelto l'ambito in cui avrei fatto meno danni. In realtà non ho smesso di fare il medico. Il mio ambulatorio è aperto per chi mi chiede di essere visitato, ovviamente gratuitamente. Ho smesso di fare il medico di base, di ottemperare alla burocrazia, insomma di fare il passacarte».

Mi domando dove trova i nomi dei protagonisti dei suoi romanzi che sono pure tantissimi. Nel libro “A cantare fu il cane” ne ho contati 94. Ma non solo protagonisti o comparse, anche le citazioni hanno un nome, come quella di Leonarco Farfalin, un pittore di cui si perde subito traccia. L'unico a non essere battezzato è il ferocissimo cagnetto identificato come bastardino…

«Direi che Bastardino per un cagnetto mordace la dice tutta. Per i nomi confesso di aver attinto a piene mani dall'Almanacco di Barbanera. Poi alcune storpiature, invenzioni legate alle caratteristiche fisiche e professionali dei soggetti e, come sempre, osservando. Ad esempio, quelli dei due carabinieri di questo romanzo, Grafico e Virgola».

Le hanno mai chiesto di portare i suoi racconti in televisione?

«Sì, me l'hanno chiesto ma la cosa non è andata in porto. Dopo sei mesi gli sceneggiatori si sono accorti che nelle miei storie non ci sono delitti… Sei mesi per accorgersi che il massimo dei miei criminali sono pescatori di frodo o contrabbandieri. Nessun delitto efferato, niente sangue e violenza. Ma così in tv non funziona!».

Franco Tosca

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