«Nazionalismi e Trump, ho paura»

«Nazionalismi e Trump, ho paura»
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VESPOLATE - «Bisogna ricordare, sono fatti troppo importanti. Bisogna ricordare quello che è successo». Sono passati oltre settant’anni ma Gilio Passarella, 90 anni quest’anno, quando si va sull’argomento continua a soffocare a stento la commozione. Perché i ricordi della deportazione, vissuti sulla pelle da ragazzino, sono vivi più che mai. Lui, che oggi è rimasto l’unico sopravvissuto novarese ai campi di concentramento nazisti. «Avevamo la divisa a strisce bianche e azzurre, con un piccolo tricolore sul petto per distinguere noi italiani dalle altre nazionalità», dice stringendo tra le mani la medaglia d’onore ricevuta l’anno scorso in Prefettura a Novara e dedicata “ai cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra”. Gilio è preoccupato: «Seguo con attenzione in tv la situazione politica italiana, europea, mondiale - spiega - I venti di nazionalismo che tornano a spirare per l’Europa, l’insediamento del nuovo presidente Donald Trump negli Stati Uniti... credo si stia prendendo una brutta china. Ho paura che certe situazioni possano ritornare - ammette - . La storia insegna, ma bisogna conoscerla bene per non ripetere certi errori. Con la Shoah sono morti milioni di persone, gente considerata meno di stracci, presa e gettata come carta straccia. Io sono tornato a casa solo per miracolo...». Ricordare, ricordare. E se lui è rimasto l’ultimo, «dopo di me dovranno essere le associazioni dei reduci e i loro familiari a tenere viva la memoria», dice. La memoria di un periodo del quale «non conservo nemmeno un piccolo ricordo positivo - precisa categorico - Infiniti invece i pensieri brutti, le atroci sofferenze, l’efferatezza: quel che mi è successo l’ho confidato solo a mia moglie Carla. Non ne ho mai parlato nel dettaglio né ai miei figli, né ai mei nipoti e pronipoti», spiega, quasi a volerli proteggere da tanta violenza sperimentata così da vicino. In ragione della quale è stato insignito di diversi riconoscimenti che custodisce orgoglioso e in bella vista nella sua casa. Ferma in mente la promessa: «Il Prefetto l’anno scorso mi ha detto che per festeggiare i miei cento anni o verrà lui a casa mia o sarò invitato io in Prefettura».Arianna Martelli

VESPOLATE - «Bisogna ricordare, sono fatti troppo importanti. Bisogna ricordare quello che è successo». Sono passati oltre settant’anni ma Gilio Passarella, 90 anni quest’anno, quando si va sull’argomento continua a soffocare a stento la commozione. Perché i ricordi della deportazione, vissuti sulla pelle da ragazzino, sono vivi più che mai. Lui, che oggi è rimasto l’unico sopravvissuto novarese ai campi di concentramento nazisti. «Avevamo la divisa a strisce bianche e azzurre, con un piccolo tricolore sul petto per distinguere noi italiani dalle altre nazionalità», dice stringendo tra le mani la medaglia d’onore ricevuta l’anno scorso in Prefettura a Novara e dedicata “ai cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra”. Gilio è preoccupato: «Seguo con attenzione in tv la situazione politica italiana, europea, mondiale - spiega - I venti di nazionalismo che tornano a spirare per l’Europa, l’insediamento del nuovo presidente Donald Trump negli Stati Uniti... credo si stia prendendo una brutta china. Ho paura che certe situazioni possano ritornare - ammette - . La storia insegna, ma bisogna conoscerla bene per non ripetere certi errori. Con la Shoah sono morti milioni di persone, gente considerata meno di stracci, presa e gettata come carta straccia. Io sono tornato a casa solo per miracolo...». Ricordare, ricordare. E se lui è rimasto l’ultimo, «dopo di me dovranno essere le associazioni dei reduci e i loro familiari a tenere viva la memoria», dice. La memoria di un periodo del quale «non conservo nemmeno un piccolo ricordo positivo - precisa categorico - Infiniti invece i pensieri brutti, le atroci sofferenze, l’efferatezza: quel che mi è successo l’ho confidato solo a mia moglie Carla. Non ne ho mai parlato nel dettaglio né ai miei figli, né ai mei nipoti e pronipoti», spiega, quasi a volerli proteggere da tanta violenza sperimentata così da vicino. In ragione della quale è stato insignito di diversi riconoscimenti che custodisce orgoglioso e in bella vista nella sua casa. Ferma in mente la promessa: «Il Prefetto l’anno scorso mi ha detto che per festeggiare i miei cento anni o verrà lui a casa mia o sarò invitato io in Prefettura».Arianna Martelli

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