Novara dimentica i suoi “figli” illustri

Novara dimentica i suoi “figli” illustri
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NOVARA - Novara non dimenticare i tuoi figli illustri! Da Emanuelli a Cantelli e Dionisotti… Ovvero quando la cultura è un po’ provinciale. Oggo, sabato 1° luglio, cadono i 50 anni della morte di Enrico Emanuelli. Lo scorso novembre ricorreva il 60° della morte di Guido Cantelli ma Novara, che sembra avere la memoria corta, non se n’è accorta. Milano lo ha ricordato con gli Amici della Scala grazie all’iniziativa del regista novarese Alessandro Turci. E ora, di fronte all’anniversario di Emanuelli, che fa la città? Quanti lo ricordano, grande giornalista e scrittore? Tra i “pochi ma buoni” c’è il Centro Novarese di Studi Letterari che con Interlinea vuole celebrarlo attraverso una nuova edizione di "Uno di New York", romanzo ambientato a Novara e considerato il suo capolavoro. Il ricordo oggi alle 11.30 nella Sezione Novarese della Biblioteca Negroni. 
Un anniversario importante per la città.
Che traccia ha lasciato Emanuelli, letterato prima che giornalista, nel panorama nazionale?
«Emanuelli è stato uno dei maggiori inviati del secolo scorso – precisa Roberto Cicala, presidente del Centro Novarese di Studi - è lui che ha coniato modi di dire come “La Cina è vicina” o “Pianeta Russia”, titoli di suoi libri. Ha inventato la pagina letteraria del “Corriere della Sera”, compagno di scrivania di Montale. Ha scritto per “La Stampa” e in effetti il suo capolavoro è proprio Uno di New York, ricco di scorci novaresi».
Quale il significato di questa operazione editoriale che va oltre la mera celebrazione di una ricorrenza?
«È un libro – ancora Cicala - che può essere letto come un amaro esame di coscienza di un pittore che ha alle spalle una carriera internazionale e torna per caso nella città natale, riconoscibile in Novara, ma non ritrova più gli ideali giovanili. Nel romanzo è ancora viva la sensibilità morale verso una cultura e una società che sempre più diventano globali tradendo i propri valori. È una delle edizioni con cui Interlinea festeggia i 25 anni di libri con descrizioni novaresi come l’Allea e citazioni forti su luci e ombre della città di provincia come questa: “Bisogna che lasci questo buco di città dove anche i sassi vedono e parlano”!»
Si coglie nel romanzo quel desiderio di rinnovamento culturale che lo portò a fondare la rivista “La Libra” e l’omonima casa editrice?
«In effetti si considera sempre anche lui tra i fondatori della rivista ma in verità fu opera di Mario Bonfantini con giovani amici che diventeranno grandi della cultura come Emanuelli e Mario Soldati».
La città di Novara ha saputo valorizzare negli anni uno dei suoi maggiori talenti?
«La Biblioteca in passato dedicò a Emanuelli un convegno importante, De Agostini pubblicò una raccolta postuma di racconti e nell’antologia Scrittori e città di 25 anni fa è ricordato, ma non molto di più. Dopotutto già il romanzo è un atto d’amore verso la sua città che però tendeva a non valorizzare i suoi figli come lui, preferendo spesso chi veniva da fuori: ma questa è una storia sempre attuale di inguaribile provincialismo… Così le sue carte sono finite a Lugano, alla Biblioteca Cantonale, e non a Novara o in Italia. Peccato!»
Lo stesso è avvenuto per il grande storico della letteratura Carlo Dionisotti balzato alle cronache recenti perché i suoi libri sono stati rifiutati dall’Università del Piemonte Orientale e sono andati così all’Università della Svizzera Italiana.
«Purtroppo è così e non solo perché si tratta di interessi culturali elitari. L’immagine di Dionisotti avrebbe aiutato molto la reputazione della laurea in Lettere, attirando studenti e studiosi. Ma dopotutto il nostro è un ateneo che, pur radicato in una delle capitali dell’editoria italiana, non forma in nessun modo in questo ambito umanistico. Dagli scrittori invece ci sarebbero ricadute anche per le scuole di grado inferiore».
In effetti anche Dante Graziosi (quest’estate ricorrono i 25 anni dalla morte) merita attenzione per l’interesse rivolto alla civiltà contadine e alle tradizioni delle risaie, no?
«Proprio così e le sue carte, che stanno per essere ordinate accanto ai suoi libri grazie alla Fondazione della Comunità del Novarese, sono occasione di ricerche nelle scuole e di valorizzazione della cultura sociale e paesaggistica delle nostre campagne, cioè la “terra degli aironi”».
A Graziosi è intitolato un premio ventennale sulla narrativa di pianura: continua?
«Quest’anno c’è l’idea di legare il premio “Terra degli aironi”, che valorizza l’identità geografica novarese della pianura, anche al nome di Sebastiano Vassalli, ma bisogna vedere se le amministrazioni, come il Comune, ci credono e lo sostengono adeguatamente. Non si possono fare le nozze coi fichi secchi quando si tratta di nomi così importanti come uno scrittore candidato al premio Nobel».
Anche Vassalli può dare molto alla città come immagine?
«Certo, lo dimostra una piccola cosa, il successo degli itinerari cicloturistici letterari dell’Atl che attirano anche dall’estero. Novara deve credere di più nei suoi personaggi, da Antonelli (sulla Cupola, l’edificio in mattoni più alto al mondo, si dovrebbe investire maggiormente) a Cantelli (il 60° della morte è passato molto sottotono) e Vassalli che meriterebbe un progetto collettivo per una casa museo e un archivio di livello internazionale. È una questione di scelte e di fiducia nella cultura». 
Eleonora Groppetti

NOVARA - Novara non dimenticare i tuoi figli illustri! Da Emanuelli a Cantelli e Dionisotti… Ovvero quando la cultura è un po’ provinciale. Oggo, sabato 1° luglio, cadono i 50 anni della morte di Enrico Emanuelli. Lo scorso novembre ricorreva il 60° della morte di Guido Cantelli ma Novara, che sembra avere la memoria corta, non se n’è accorta. Milano lo ha ricordato con gli Amici della Scala grazie all’iniziativa del regista novarese Alessandro Turci. E ora, di fronte all’anniversario di Emanuelli, che fa la città? Quanti lo ricordano, grande giornalista e scrittore? Tra i “pochi ma buoni” c’è il Centro Novarese di Studi Letterari che con Interlinea vuole celebrarlo attraverso una nuova edizione di "Uno di New York", romanzo ambientato a Novara e considerato il suo capolavoro. Il ricordo oggi alle 11.30 nella Sezione Novarese della Biblioteca Negroni. 
Un anniversario importante per la città.
Che traccia ha lasciato Emanuelli, letterato prima che giornalista, nel panorama nazionale?
«Emanuelli è stato uno dei maggiori inviati del secolo scorso – precisa Roberto Cicala, presidente del Centro Novarese di Studi - è lui che ha coniato modi di dire come “La Cina è vicina” o “Pianeta Russia”, titoli di suoi libri. Ha inventato la pagina letteraria del “Corriere della Sera”, compagno di scrivania di Montale. Ha scritto per “La Stampa” e in effetti il suo capolavoro è proprio Uno di New York, ricco di scorci novaresi».
Quale il significato di questa operazione editoriale che va oltre la mera celebrazione di una ricorrenza?
«È un libro – ancora Cicala - che può essere letto come un amaro esame di coscienza di un pittore che ha alle spalle una carriera internazionale e torna per caso nella città natale, riconoscibile in Novara, ma non ritrova più gli ideali giovanili. Nel romanzo è ancora viva la sensibilità morale verso una cultura e una società che sempre più diventano globali tradendo i propri valori. È una delle edizioni con cui Interlinea festeggia i 25 anni di libri con descrizioni novaresi come l’Allea e citazioni forti su luci e ombre della città di provincia come questa: “Bisogna che lasci questo buco di città dove anche i sassi vedono e parlano”!»
Si coglie nel romanzo quel desiderio di rinnovamento culturale che lo portò a fondare la rivista “La Libra” e l’omonima casa editrice?
«In effetti si considera sempre anche lui tra i fondatori della rivista ma in verità fu opera di Mario Bonfantini con giovani amici che diventeranno grandi della cultura come Emanuelli e Mario Soldati».
La città di Novara ha saputo valorizzare negli anni uno dei suoi maggiori talenti?
«La Biblioteca in passato dedicò a Emanuelli un convegno importante, De Agostini pubblicò una raccolta postuma di racconti e nell’antologia Scrittori e città di 25 anni fa è ricordato, ma non molto di più. Dopotutto già il romanzo è un atto d’amore verso la sua città che però tendeva a non valorizzare i suoi figli come lui, preferendo spesso chi veniva da fuori: ma questa è una storia sempre attuale di inguaribile provincialismo… Così le sue carte sono finite a Lugano, alla Biblioteca Cantonale, e non a Novara o in Italia. Peccato!»
Lo stesso è avvenuto per il grande storico della letteratura Carlo Dionisotti balzato alle cronache recenti perché i suoi libri sono stati rifiutati dall’Università del Piemonte Orientale e sono andati così all’Università della Svizzera Italiana.
«Purtroppo è così e non solo perché si tratta di interessi culturali elitari. L’immagine di Dionisotti avrebbe aiutato molto la reputazione della laurea in Lettere, attirando studenti e studiosi. Ma dopotutto il nostro è un ateneo che, pur radicato in una delle capitali dell’editoria italiana, non forma in nessun modo in questo ambito umanistico. Dagli scrittori invece ci sarebbero ricadute anche per le scuole di grado inferiore».
In effetti anche Dante Graziosi (quest’estate ricorrono i 25 anni dalla morte) merita attenzione per l’interesse rivolto alla civiltà contadine e alle tradizioni delle risaie, no?
«Proprio così e le sue carte, che stanno per essere ordinate accanto ai suoi libri grazie alla Fondazione della Comunità del Novarese, sono occasione di ricerche nelle scuole e di valorizzazione della cultura sociale e paesaggistica delle nostre campagne, cioè la “terra degli aironi”».
A Graziosi è intitolato un premio ventennale sulla narrativa di pianura: continua?
«Quest’anno c’è l’idea di legare il premio “Terra degli aironi”, che valorizza l’identità geografica novarese della pianura, anche al nome di Sebastiano Vassalli, ma bisogna vedere se le amministrazioni, come il Comune, ci credono e lo sostengono adeguatamente. Non si possono fare le nozze coi fichi secchi quando si tratta di nomi così importanti come uno scrittore candidato al premio Nobel».
Anche Vassalli può dare molto alla città come immagine?
«Certo, lo dimostra una piccola cosa, il successo degli itinerari cicloturistici letterari dell’Atl che attirano anche dall’estero. Novara deve credere di più nei suoi personaggi, da Antonelli (sulla Cupola, l’edificio in mattoni più alto al mondo, si dovrebbe investire maggiormente) a Cantelli (il 60° della morte è passato molto sottotono) e Vassalli che meriterebbe un progetto collettivo per una casa museo e un archivio di livello internazionale. È una questione di scelte e di fiducia nella cultura». 
Eleonora Groppetti

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