Un uomo appassionato, “il figlio degli dei”

Un uomo appassionato, “il figlio degli dei”
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“Guido Cantelli. Il figlio degli dei”. Nel 60° anniversario della morte del grande direttore d’orchestra novarese, che perse la vita il 24 novembre 1956 nei cieli di Parigi, quando l’aereo, in partenza per gli Stati Uniti, precipitò tragicamente, Classica HD (Sky 138) manda in onda questa sera, alle 21.40, in prima visione il documentario realizzato da Alessandro Turci. Una nuova produzione che racconta la straordinaria carriera artistica di uno dei più grandi direttori dell’orchestra del Novecento, continuando così un progetto avviato dallo stesso Turci, in collaborazione con Cuini Amelio Ortiz, Federica Miglio e Héctor Navarrete, agli inizi del Duemila quando uscirono due documentari dedicati alla parabola umana e artistica di Cantelli.

Il documentario che va in onda oggi su Classica HD prosegue un progetto avviato anni fa. Che cosa c’è di nuovo rispetto ai due prodotti oltre dieci anni fa?

«Di nuovo – racconta Alessandro Turci, regista novarese - c’è la narrazione che unisce in un unico racconto coerente vita e arte di Cantelli, mentre nella configurazione originale se il primo documentario raccontava le efemeridi, il secondo era rivolto agli specialisti e approfondiva aspetti dell’arte direttoriale di Cantelli. Inoltre il film è stato completamente restaurato digitalmente e nella forma attuale potrà essere apprezzato sia da chi si avvicina a Cantelli per la prima volta, sia da chi vuole maggior profondità».

Parole e immagini, testimonianze e interviste, aneddoti e curiosità. Quale immagine di Cantelli ci restituisce il documentario?

«Un uomo appassionato, un artista molto severo con se stesso e con gli altri».

Che cosa ha significato per lei raccontare un personaggio di fama mondiale come Cantelli? E ci potrebbero essere in futuro altri tasselli di questo progetto?

«Fu il mio primo documentario: ho molto da imparare oggi, figuriamoci allora. Mi piacerebbe farne una fiction televisiva, gli ingredienti drammaturgici ci sono tutti: l’Italia del dopoguerra, la ricostruzione, le speranze, il mondo musicale, il tema del destino. Ma proprio Cantelli ci insegna che le cose o si fanno al meglio o è meglio non farle. Se un giorno ci saranno le condizioni per un simile progetto molto volentieri e naturalmente con Cuini Amelio Ortiz accanto alla regia, come la prima volta».

Forse Novara avrebbe potuto fare di più (e non solo nella ricorrenza del 60° dalla morte) per ricordare un grande direttore d’orchestra come Cantelli che ha portato il nome della città oltre oceano?

«Non mi occupo di politica, né di politica culturale in senso istituzionale. Certo non si è visto molto, ma non sta a me capirne i motivi. Posso solo dire che il professor Meucci, il direttore del Conservatorio, mi è parsa la sola figura pubblica novarese che ultimamente su Cantelli ha cercato di dare un contributo importante. Se potrà lavorare farà senz’altro bene in futuro a Novara, e non solo per Cantelli. Aggiungo che in tutti questi anni se non fosse stato per l’impegno di singole personalità indipendenti, penso a Folco Perrino che per Cantelli ha fatto più di chiunque altro, e a Mario Giarda al quale dobbiamo le migliori pubblicazioni in assoluto sul maestro, oggi le lacune di Novara sarebbero ben maggiori».

Il documentario va in onda su Classica HD, canale Sky diretto da Piero Maranghi che, insieme a Paolo Gavazzeni, ha firmato la regia della strepitosa Aida con cui il Teatro Coccia ha dato il la alla stagione 2016-2017. Il maestro Cantelli da Novara ha spiccato il volo per una straordinaria carriera che la morte prematura ha tragicamente interrotto. Cantelli, Novara, il Coccia e Classica. Il cerchio si chiude. O forse… si apre?

«Sono stato ospite di Piero Maranghi alla prova generale di Aida: ho davvero apprezzato l’allestimento, le scene erano molto eleganti e mi ricordavano atmosfere alla Jacques-Louis David; ottima lo coreografia: certamente la miglior opera lirica vista a Novara da molti anni a questa parte. Il Coccia, io parlo da spettatore, mi pare ottimamente gestito e non vedo motivi per cui Novara non possa continuare su questa strada a coltivare l’eccellenza. Posso avanzare una proposta? Sarebbe bello se il Coccia intitolasse il palco n° 6 a Folco Perrino, era il “suo” palco, al lui dobbiamo il Festival Cantelli e molto altro, sarebbe un omaggio meritato».

Prossimamente sono in programma iniziative particolari per ricordare Cantelli e presentare il documentario?

«Giovedì 15 dicembre Anna Crespi ha invitato Riccardo Chailly agli Amici della Scala per un ricordo di Guido Cantelli. Sarà una après-midi speciale, Milano era la città d’elezione di Cantelli, la Scala era il suo mondo e infatti le si stringerà attorno ancora una volta, con il suo direttore attuale e con il suo pubblico più affezionato e scelto, che Cantelli amava molto.

Eleonora Groppetti

“Guido Cantelli. Il figlio degli dei”. Nel 60° anniversario della morte del grande direttore d’orchestra novarese, che perse la vita il 24 novembre 1956 nei cieli di Parigi, quando l’aereo, in partenza per gli Stati Uniti, precipitò tragicamente, Classica HD (Sky 138) manda in onda questa sera, alle 21.40, in prima visione il documentario realizzato da Alessandro Turci. Una nuova produzione che racconta la straordinaria carriera artistica di uno dei più grandi direttori dell’orchestra del Novecento, continuando così un progetto avviato dallo stesso Turci, in collaborazione con Cuini Amelio Ortiz, Federica Miglio e Héctor Navarrete, agli inizi del Duemila quando uscirono due documentari dedicati alla parabola umana e artistica di Cantelli.

Il documentario che va in onda oggi su Classica HD prosegue un progetto avviato anni fa. Che cosa c’è di nuovo rispetto ai due prodotti oltre dieci anni fa?

«Di nuovo – racconta Alessandro Turci, regista novarese - c’è la narrazione che unisce in un unico racconto coerente vita e arte di Cantelli, mentre nella configurazione originale se il primo documentario raccontava le efemeridi, il secondo era rivolto agli specialisti e approfondiva aspetti dell’arte direttoriale di Cantelli. Inoltre il film è stato completamente restaurato digitalmente e nella forma attuale potrà essere apprezzato sia da chi si avvicina a Cantelli per la prima volta, sia da chi vuole maggior profondità».

Parole e immagini, testimonianze e interviste, aneddoti e curiosità. Quale immagine di Cantelli ci restituisce il documentario?

«Un uomo appassionato, un artista molto severo con se stesso e con gli altri».

Che cosa ha significato per lei raccontare un personaggio di fama mondiale come Cantelli? E ci potrebbero essere in futuro altri tasselli di questo progetto?

«Fu il mio primo documentario: ho molto da imparare oggi, figuriamoci allora. Mi piacerebbe farne una fiction televisiva, gli ingredienti drammaturgici ci sono tutti: l’Italia del dopoguerra, la ricostruzione, le speranze, il mondo musicale, il tema del destino. Ma proprio Cantelli ci insegna che le cose o si fanno al meglio o è meglio non farle. Se un giorno ci saranno le condizioni per un simile progetto molto volentieri e naturalmente con Cuini Amelio Ortiz accanto alla regia, come la prima volta».

Forse Novara avrebbe potuto fare di più (e non solo nella ricorrenza del 60° dalla morte) per ricordare un grande direttore d’orchestra come Cantelli che ha portato il nome della città oltre oceano?

«Non mi occupo di politica, né di politica culturale in senso istituzionale. Certo non si è visto molto, ma non sta a me capirne i motivi. Posso solo dire che il professor Meucci, il direttore del Conservatorio, mi è parsa la sola figura pubblica novarese che ultimamente su Cantelli ha cercato di dare un contributo importante. Se potrà lavorare farà senz’altro bene in futuro a Novara, e non solo per Cantelli. Aggiungo che in tutti questi anni se non fosse stato per l’impegno di singole personalità indipendenti, penso a Folco Perrino che per Cantelli ha fatto più di chiunque altro, e a Mario Giarda al quale dobbiamo le migliori pubblicazioni in assoluto sul maestro, oggi le lacune di Novara sarebbero ben maggiori».

Il documentario va in onda su Classica HD, canale Sky diretto da Piero Maranghi che, insieme a Paolo Gavazzeni, ha firmato la regia della strepitosa Aida con cui il Teatro Coccia ha dato il la alla stagione 2016-2017. Il maestro Cantelli da Novara ha spiccato il volo per una straordinaria carriera che la morte prematura ha tragicamente interrotto. Cantelli, Novara, il Coccia e Classica. Il cerchio si chiude. O forse… si apre?

«Sono stato ospite di Piero Maranghi alla prova generale di Aida: ho davvero apprezzato l’allestimento, le scene erano molto eleganti e mi ricordavano atmosfere alla Jacques-Louis David; ottima lo coreografia: certamente la miglior opera lirica vista a Novara da molti anni a questa parte. Il Coccia, io parlo da spettatore, mi pare ottimamente gestito e non vedo motivi per cui Novara non possa continuare su questa strada a coltivare l’eccellenza. Posso avanzare una proposta? Sarebbe bello se il Coccia intitolasse il palco n° 6 a Folco Perrino, era il “suo” palco, al lui dobbiamo il Festival Cantelli e molto altro, sarebbe un omaggio meritato».

Prossimamente sono in programma iniziative particolari per ricordare Cantelli e presentare il documentario?

«Giovedì 15 dicembre Anna Crespi ha invitato Riccardo Chailly agli Amici della Scala per un ricordo di Guido Cantelli. Sarà una après-midi speciale, Milano era la città d’elezione di Cantelli, la Scala era il suo mondo e infatti le si stringerà attorno ancora una volta, con il suo direttore attuale e con il suo pubblico più affezionato e scelto, che Cantelli amava molto.

Eleonora Groppetti

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