Cultura

Una Aida spumeggiante

Una Aida spumeggiante
Cultura Pubblicazione:

NOVARA - Quella del Teatro Coccia è una stagione che si prevede brillante visti i presupposti. L’inaugurazione del cartellone con Aida, venerdì scorso a Novara, ha emozionato, divertito e reso partecipe un pubblico desideroso di qualcosa di nuovo che l’opera verdiana, messa in scena dai registi Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi, ha saputo dare. Cimentarsi nella rappresentazione di Aida, grande capolavoro dell’arte operistica, è complesso; così come è semplice cadere nel banale e nel ripetitivo, non trovando nuove chiavi di lettura. Invece al suo debutto Aida ha saputo stupire con finezza e in maniera raffinata, andando a carpire le note più intime del sentimento umano e sapendo coinvolgere il pubblico. Ottima la direzione orchestrale: Matteo Beltrami ha sempre sostenuto le scene in maniera frizzante, accurata e precisa, grazie anche alla freschezza dell’Orchestra del Conservatorio “Cantelli” di Novara, formata per lo più da giovani musicisti. Sin da subito Beltrami, grazie alla dolcezza che scaturisce dall’ouverture con quel suo susseguirsi continuo di temi che anticipano l’andamento dell’opera, sa introdurre e indirizzare con maestria nella successiva atmosfera del primo atto. Ecco che le luci si accendono e sul palco si staglia una scalinata che permette di dividere lo spazio in più livelli. Sono pochi gli oggetti in scena ma questo permette al tutto di essere più pulito e ordinato. Sono i personaggi e il loro dinamismo ad animare e colorare la sala nel palazzo del re a Menfi. Compare per primo Ramfis, il basso Antonio Di Matteo: magistralmente interpreta la figura del grande sacerdote che con aria tronfia e sicura, essendo detentore di un potere, quello religioso, inattaccabile, espone la situazione di pericolo in cui il suo popolo si trova in quanto minacciato dal re d’Etiopia Amonasro, interpretato dal baritono Elia Fabbian. È Radamès, il capitano delle guardie, a chiedere delucidazioni sull’accaduto pensando subito dopo al futuro della sua Aida. Il tenore, Walter Fraccaro, pur in una staticità a volte monotona, ha saputo cogliere nel segno la figura dell’incerto amante di Aida. Riprendendo le parole del musicologo Fabrizio della Seta, Radamès elude il cliché dell’eroismo tenorile e ha bisogno a volte di questo immobilismo scenico che è lo specchio della sua confusione mentale. Egli è ben radicato nel sistema politico egizio e non prende coscienza dell’incompatibilità di voler essere al contempo a capo dell’esercito del re, interpretato dal basso Gianluca Lentini, e salvatore della schiava Aida. Ma prima dell’arrivo dell’eroina dell’opera, compare Amneris, la figlia del re, il mezzosoprano Sanja Anastasia, dotata di una gran bella presenza scenica che da subito si impone come la vera protagonista della storia. Una voce calda e appassionata, arricchita dai continui movimenti ampi e maestosi delle sue braccia agghindate. Come spiegano i registi, Amneris è la figura più complessa, il cardine attorno al quale ruota la storia d’amore tra Radamès e Aida e fisicamente si trova sempre a sovrastare e a controllare, al vertice di un triangolo, i due innamorati, allineati sulla scena ad un livello più basso. Solo in un secondo momento arriva Aida, il soprano Alexandra Zabala che, con grande espressività e ottima tecnica, mette in scena il classico dramma sofocleo di chi è diviso tra l’amore per il singolo e l’amore per la patria. Tra le voci femminili anche la novarese Marta Calcaterra: soprano dalla voce importante, impersona la sacerdotessa che guida il coro femminile durante l’invocazione del dio Fthà. Imponente il coro dei sacerdoti, delle sacerdotesse e del popolo egizio (la Corale San Gregorio Magno e il Coro del Ticino) sotto la direzione del maestro Mauro Rolfi. Scelta ottima e d’effetto quella del ballo. Nei primi due atti i danzatori, guidati dalla coreografa Simona Bucci, sanno dare un tocco in più all’opera, una pennellata vivace, divertente e sensuale durante i diversi momenti strumentali. Altra particolarità degna di nota la rottura pirandelliana dello spazio teatrale con l’ingresso sulla scena, durante la marcia trionfale, direttamente dalla platea, di Radamès e del suo seguito. Dalle stanze del palazzo reale si passa poi ad un intimistico paesaggio lunare sulle rive del Nilo fino ai sotterranei dove una fredda e spoglia tomba attende Radamès. Tutte le scelte della scenografa e costumista Leila Fteita sono state appropriate e intuitive, accompagnate dalle luci di Angelo Linzalata. Sul palco anche un’opera d’arte di Luca Pignatelli. Nel complesso un’Aida nuova, spumeggiante, un inizio di stagione che promette bene e che, sotto la direzione artistica di Renata Rapetti, non delude.

L’Aida dopo la replica di domenica, sarà di nuovo in scena domani, martedì 12 ottobre, alle 20.30 (fuori abbonamento, biglietti da 32 a 62 euro).

Sofia Lombardi

Leggi di più sul Corriere di Novara di lunedì 10 ottobre 2016 

NOVARA - Quella del Teatro Coccia è una stagione che si prevede brillante visti i presupposti. L’inaugurazione del cartellone con Aida, venerdì scorso a Novara, ha emozionato, divertito e reso partecipe un pubblico desideroso di qualcosa di nuovo che l’opera verdiana, messa in scena dai registi Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi, ha saputo dare. Cimentarsi nella rappresentazione di Aida, grande capolavoro dell’arte operistica, è complesso; così come è semplice cadere nel banale e nel ripetitivo, non trovando nuove chiavi di lettura. Invece al suo debutto Aida ha saputo stupire con finezza e in maniera raffinata, andando a carpire le note più intime del sentimento umano e sapendo coinvolgere il pubblico. Ottima la direzione orchestrale: Matteo Beltrami ha sempre sostenuto le scene in maniera frizzante, accurata e precisa, grazie anche alla freschezza dell’Orchestra del Conservatorio “Cantelli” di Novara, formata per lo più da giovani musicisti. Sin da subito Beltrami, grazie alla dolcezza che scaturisce dall’ouverture con quel suo susseguirsi continuo di temi che anticipano l’andamento dell’opera, sa introdurre e indirizzare con maestria nella successiva atmosfera del primo atto. Ecco che le luci si accendono e sul palco si staglia una scalinata che permette di dividere lo spazio in più livelli. Sono pochi gli oggetti in scena ma questo permette al tutto di essere più pulito e ordinato. Sono i personaggi e il loro dinamismo ad animare e colorare la sala nel palazzo del re a Menfi. Compare per primo Ramfis, il basso Antonio Di Matteo: magistralmente interpreta la figura del grande sacerdote che con aria tronfia e sicura, essendo detentore di un potere, quello religioso, inattaccabile, espone la situazione di pericolo in cui il suo popolo si trova in quanto minacciato dal re d’Etiopia Amonasro, interpretato dal baritono Elia Fabbian. È Radamès, il capitano delle guardie, a chiedere delucidazioni sull’accaduto pensando subito dopo al futuro della sua Aida. Il tenore, Walter Fraccaro, pur in una staticità a volte monotona, ha saputo cogliere nel segno la figura dell’incerto amante di Aida. Riprendendo le parole del musicologo Fabrizio della Seta, Radamès elude il cliché dell’eroismo tenorile e ha bisogno a volte di questo immobilismo scenico che è lo specchio della sua confusione mentale. Egli è ben radicato nel sistema politico egizio e non prende coscienza dell’incompatibilità di voler essere al contempo a capo dell’esercito del re, interpretato dal basso Gianluca Lentini, e salvatore della schiava Aida. Ma prima dell’arrivo dell’eroina dell’opera, compare Amneris, la figlia del re, il mezzosoprano Sanja Anastasia, dotata di una gran bella presenza scenica che da subito si impone come la vera protagonista della storia. Una voce calda e appassionata, arricchita dai continui movimenti ampi e maestosi delle sue braccia agghindate. Come spiegano i registi, Amneris è la figura più complessa, il cardine attorno al quale ruota la storia d’amore tra Radamès e Aida e fisicamente si trova sempre a sovrastare e a controllare, al vertice di un triangolo, i due innamorati, allineati sulla scena ad un livello più basso. Solo in un secondo momento arriva Aida, il soprano Alexandra Zabala che, con grande espressività e ottima tecnica, mette in scena il classico dramma sofocleo di chi è diviso tra l’amore per il singolo e l’amore per la patria. Tra le voci femminili anche la novarese Marta Calcaterra: soprano dalla voce importante, impersona la sacerdotessa che guida il coro femminile durante l’invocazione del dio Fthà. Imponente il coro dei sacerdoti, delle sacerdotesse e del popolo egizio (la Corale San Gregorio Magno e il Coro del Ticino) sotto la direzione del maestro Mauro Rolfi. Scelta ottima e d’effetto quella del ballo. Nei primi due atti i danzatori, guidati dalla coreografa Simona Bucci, sanno dare un tocco in più all’opera, una pennellata vivace, divertente e sensuale durante i diversi momenti strumentali. Altra particolarità degna di nota la rottura pirandelliana dello spazio teatrale con l’ingresso sulla scena, durante la marcia trionfale, direttamente dalla platea, di Radamès e del suo seguito. Dalle stanze del palazzo reale si passa poi ad un intimistico paesaggio lunare sulle rive del Nilo fino ai sotterranei dove una fredda e spoglia tomba attende Radamès. Tutte le scelte della scenografa e costumista Leila Fteita sono state appropriate e intuitive, accompagnate dalle luci di Angelo Linzalata. Sul palco anche un’opera d’arte di Luca Pignatelli. Nel complesso un’Aida nuova, spumeggiante, un inizio di stagione che promette bene e che, sotto la direzione artistica di Renata Rapetti, non delude.

L’Aida dopo la replica di domenica, sarà di nuovo in scena domani, martedì 12 ottobre, alle 20.30 (fuori abbonamento, biglietti da 32 a 62 euro).

Sofia Lombardi

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