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Il presidente di Cnvv lancia l’allarme: “Il calo demografico un problema per l’industria”

"«Senza immigrazione, interna o straniera – ha aggiunto - entro il 2040 Novara passerebbe da 225mila a 181mila risorse occupabili potenziali e Vercelli da 100mila a 77mila"

Il presidente di Cnvv lancia l’allarme: “Il calo demografico un problema per l’industria”
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Durante l’assemblea annuale trattati anche i temi della robotica, dell’intelligenza artificiale e delle politiche europee per il sistema produttivo

L'intervento

«Il calo della popolazione del Piemonte, passata da 4,5 milioni alla fine degli anni’80 ai 4,25 milioni di fine 2023, sta accelerando e non tende a fermarsi. Se ogni nato nel 2023 vivesse per 82 anni, pur mantenendo una media costante di due figli per coppia i 25mila nati l’anno scorso costruirebbero un Piemonte potenziale di due milioni di abitanti, dimezzato rispetto a oggi. Questo influirà sui consumi e sul valore delle abitazioni: avremo interi paesi vuoti e aziende che non potranno più produrre per mancanza di manodopera».

Il presidente di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv), Gianni Filippa, nel suo intervento all’assemblea generale di Cnvv svoltasi il 26 giugno 2024 all’Amazon Operations Innovation Lab di Vercelli, ha lanciato l’allarme denatalità anche per il mondo delle imprese. «Senza immigrazione, interna o straniera – ha aggiunto - entro il 2040 Novara passerebbe da 225mila a 181mila risorse occupabili potenziali e Vercelli da 100mila a 77mila. L’immigrazione non va quindi vista solo come un problema, ma anche come un’opportunità che deve essere gestita orientandola verso le professioni di cui le nostre imprese hanno maggior bisogno e potenziando le scuole di formazione nei paesi di origine. Bisogna dare risposte concrete ai giovani e agli stranieri che si spostano per lavoro, anche garantendo loro alloggi a costi accessibili. Il sostegno alle spese per l’affitto, ad esempio, dovrebbe entrare a far parte del welfare aziendale».

Altro tema toccato da Filippa è stato quello dell’energia, «che insieme all’acqua – ha spiegato – costituisce il binomio inscindibile dei bisogni dei prossimi anni a livello globale. La nostra indipendenza energetica deve essere considerata un obiettivo prioritario, come il raggiungimento di un prezzo europeo dell’energia. È quindi necessario integrare gli investimenti in diverse fonti, compresi l’idrogeno e il nucleare di nuova generazione, che tra dieci anni sarà già una realtà, per raggiungere in modo equilibrato e sostenibile gli obiettivi della transizione ecologica, rendendola un’opportunità di sviluppo». «Il nostro territorio – ha concluso Filippa - deve approfittare della sua posizione strategica all’incrocio delle direttrici di traffico tra il Nord e il Sud (Genova-Rotterdam), e tra l’Ovest e l’Est (Lisbona-Kiev), dell’Europa, mettendo più possibile la logistica al servizio del sistema manifatturiero».

I lavori sono proseguiti con l’intervento di Stefano La Rovere, direttore internazionale Robotica di Amazon, che fin dalla sua nascita ha posto l'innovazione tecnologica al centro della propria strategia. «Nel 2017 – ha detto La Rovere – ero l’unico componente il team europeo di meccatronica; ora sono centinaia i professionisti che collaborano nei nostri tre Lab a Vercelli, a Boston e a Seattle. Qui sviluppiamo nuovi robot, unità meccatroniche e di imballaggio automatiche alimentate dall'intelligenza artificiale, che aiutano i nostri dipendenti rendendo il luogo di lavoro più sicuro e accogliente, aiutano i nostri clienti offrendo consegne rapide e affidabili e aiutano il nostro percorso verso un futuro più sostenibile. Il Lab svolge inoltre un ruolo fondamentale nel creare nuove collaborazioni, interne e con varie università e politecnici nel mondo». «La sicurezza – ha aggiunto La Rovere - è la priorità numero uno in Amazon a livello globale: le nostre tecnologie semplificano i compiti riducendo i tempi di spostamento tra un’operazione e l'altra, eliminando i movimenti ripetitivi o la necessità di sollevare oggetti pesanti, e la collaborazione tra persone e tecnologia è un aspetto centrale del nostro modo di innovare. Alleggerendo il carico fisico delle operazioni abbiamo creato ambienti di lavoro più inclusivi: in Italia abbiamo raggiunto il 35% di donne che lavorano nelle nostre operations, mentre la media nazionale non arriva al 22%, e in alcuni magazzini siamo vicini al 50%. I nostri principi sono riassumibili in tre concetti chiave: formazione, adattabilità e apertura. La formazione è in continua evoluzione per accompagnare l'innovazione tecnologica; l’adattabilità è necessaria per non restare indietro rispetto al progresso scientifico; l’apertura ci consente di supportare aziende tecnologiche emergenti, come dimostra lo stanziamento da un miliardo di dollari del nostro Industrial Innovation Fund».

Ha poi preso la parola Mariarosaria Taddeo, professoressa di Digital Ethics and Defence Technologies all’Oxford Internet Institute, University of Oxford, che partendo dal titolo dell’evento (“Che cosa significa essere umani se le macchine sono intelligenti”) ha analizzato opportunità e rischi dello sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) anche nel mondo del lavoro. «Nel delegare alcuni compiti alle macchine – ha avvertito - perdiamo la capacità di fare il lavoro che affidiamo loro. Dobbiamo inoltre tenere conto che un’IA non sarà mai senziente: esegue in breve tempo compiti che richiederebbero molte risorse all'essere umano, ma è e deve essere ancora questo a detenere il controllo. L’IA è una risorsa di agenti autonomi, capaci di interagire e di imparare e che possono essere usati per eseguire compiti che altrimenti richiederebbero l’intelligenza umana per essere eseguiti con successo. Ci consente quindi di vincere sfide complesse, ma pone anche problematiche etiche. Si deve quindi definire quale è la “soglia di rischio” che vogliamo accettare implementando, a vari livelli, quella che da servizio è ormai diventata un'infrastruttura, con tutte le vulnerabilità che comporta il sempre più elevato “overtrust”, il livello di fiducia che ripone sull’IA chi si affida ad essa: se non ne supervisiona le azioni, non considera i suoi limiti e accetta i suoi risultati fideisticamente i rischi possono essere notevoli, come dimostrano vari casi di cronaca».

«Il nuovo paradigma – ha precisato Taddeo - non è comunque “essere umano contro macchina”, ma “insieme” a essa: dobbiamo stabilire come l’interazione tra esseri umani e agenti artificiali riesca a preservare l'autonomia, la creatività e lo spirito critico dei primi. L’etica, intesa come analisi concettuale per identificare una strategia per valutare rischi e opportunità, può favorire il passaggio da sistema di sviluppo basato su “tentativi ed errori” a uno che prevede un ciclo continuo di perfezionamento al cui interno l’IA può dare un enorme contributo. Dobbiamo quindi definire i criteri per l’adozione dell’IA che includano delle “soglie di tolleranza” dal punto di vista dei vantaggi (ottimizzazioni, impiego delle risorse umane), dei costi (economici e di formazione), come anche dei rischi (reputazionali, sociali, di sicurezza, di errore) e di sostenibilità ambientale (data centre, computing e relativi consumi energetici) del suo utilizzo».
L'assemblea si è conclusa con un talk in cui Filomena Greco (il Sole 24 Ore) ha interloquito con gli ospiti e con la vicepresidente di Confindustria, con delega a Transizione ambientale e obiettivi ESG, Lara Ponti, che ha sottolineato le opportunità che possono derivare dagli investimenti dell’Unione europea a sostegno della decarbonizzazione, insistito sulla necessità di evitare eccessi di regolamentazione a livello comunitario e rimarcato l’importanza di far crescere anche in Italia le competenze su questi temi per garantire al Paese ulteriori possibilità di sviluppo. «Serve – ha detto Ponti – un piano industriale europeo di lunga durata, a partire dal tema delle infrastrutture continentali, perché per attuare gli investimenti del programma “Transizione 5.0”, di cui a breve sono attesi i decreti attuativi, le nostre imprese avranno a disposizione soltanto un anno e mezzo di tempo. Stati o regioni dell’Ue, inoltre, non possono pensare di competere tra loro, ma devono collaborare per costruire una dimensione di sviluppo comune, di lungo termine e a livello globale».

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