Confagricoltura

Nemmeno le Feste natalizie hanno rilanciato il comparto della frutta piemontese

“Le vendite sono il riflesso del periodo che stiamo vivendo"

Nemmeno le Feste natalizie hanno rilanciato il comparto della frutta piemontese
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Confagricoltura: “Vendite giù di oltre il 10%. Servono aiuti alle aziende ma il comparto va ripensato”

Feste amare per la frutta piemontese

Se le feste natalizie rappresentano storicamente un periodo ottimale per le vendite di prodotti agroalimentari, con l’ortofrutta pronta a imbandire le tavole degli italiani, le scorse settimane hanno tristemente smentito questa tradizione, con il comparto frutticolo che ha chiuso l’anno con numeri nettamente al ribasso, per quanto riguarda i consumi da parte delle famiglie. “Tra la crescita dell’inflazione e le tante difficoltà economiche che si stanno susseguendo nemmeno le Feste hanno rilanciato il comparto della frutta, già segnato dall’emergenza siccità e dal caro bollette e materiali – spiega Michele Ponso presidente della sezione Frutta di Confagricoltura Cuneo e della FNP frutticola di Confagricoltura -. Si parla di un crollo nelle vendite di oltre il 10% rispetto all’anno scorso, in un periodo in cui solitamente i consumi salgono: siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Per questo siamo in assiduo contatto con i vertici nazionali di Confagricoltura per ribadire al Ministero la drammatica situazione”.

“Le vendite sono il riflesso del periodo che stiamo vivendo – aggiunge Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte. “A questo punto, dobbiamo necessariamente interrogarci su come ripensare l’intero comparto. Nel breve termine è indispensabile l’intervento dello Stato a favore delle aziende per integrare le perdite o perlomeno aiutarle a rientrare degli extra costi di produzione”.

Le soluzioni proposte da Confagricoltura sono concrete e diversificate per un comparto che impatta fortemente sull’economia piemontese con circa 8.000 aziende frutticole (la maggior parte situate nel distretto del Saluzzese), per una superficie coltivata di circa 18.500 ettari: “La filiera dell’ortofrutta è chiamata a valutare nuove varietà di prodotto, magari più ambite dal consumatore; ridurre i costi di manodopera, anche se difficile, essendo l’Italia uno dei Paesi con la maggior spesa per collaboratore in Europa; aumentare l’associazionismo per le vendite collettive, e molto altro – continua Allasia -. Nel frattempo, il Governo e l’Unione Europea devono rendersi conto delle difficoltà e agire in soccorso”.

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