Referendum: «Il sì e il no hanno pari legittimazione»

Referendum: «Il sì e il no hanno pari legittimazione»
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NOVARA - La “Lega Nord” novarese ha chiuso la campagna per il referendum costituzionale organizzando due serate all’albergo “Italia”, la prima delle quali - mercoledì - ha visto andare in scena un confronto sulle ragioni del “sì” e del “no” che ha visto contrapposti l’ex presidente della Camera (ma anche magistrato e docente universitario) Luciano Violante (schierato sul fronte dei favorevoli alla riforma) e l’ex presidente della Regione Piemonte Roberto Cota. 
Un confronto che non ha tradito le attese, rivelatosi di alto profilo, che avrebbe forse meritato una diversa collocazione temporale. A quattro giorni dal voto, infatti, gran parte della platea elettorale appare ormai “orientata” nella sua scelta. 
Un confronto, moderato dal giornalista Attilio Barlassina, servito per capire ultime “sfumature” in vista del voto di domani che, al di là delle sue implicazioni giuridiche, riveste particolari connotazioni politiche. E che è servito, come è stato sottolineato, a “svelenire” una campagna rivelatasi in certi frangenti troppo “muscolare”. 
Partendo dal fatto, ha esordito Violante, «che il “sì” e il “no” hanno pari legittimazione, occorre prendere atto che, in ogni caso, di fronte a qualsiasi risultato dovesse uscire dalle urne, bisognerà andare avanti. Da questo punto di vista se oggi ci troveremmo di fronte a una fase di rottura e di contrapposizione sarebbe più difficile». 
Per Violante (dichiaratosi un «non renziano che voterà sì») il senso politico «è che votiamo per quale tipo di Paese vogliamo. Il “no” lascia le cose come stanno, il “sì” le cambia, per me in meglio». Due sono i “difetti” che la riforma permetterebbe di superare: «L’instabilità politica (rappresentata dal fatto che il Governo deve contare sulla fiducia di entrambe le Camere) e una particolare lentezza nel percorso legislativo», anche se, ha aggiunto, «abbiamo avuto modo di valutare come in diverse occasioni, quando su certi temi si raggiungono larghe intese fra le opposte forze politiche, il percorso si velocizza». Però dovrebbe essere una cosa costante, «perché il mondo va veloce. E se la politica non si adegua a questa velocità, rimane tagliata fuori. 
Purtroppo “instabilità” e “velocità” non furono prese in considerazione settant’anni fa dai padri costituenti anche a causa della situazione geopolitica internazionale, dei blocchi contrapposti e dell’idea che nessuno dei due schieramenti potesse prevalere in maniera decisiva sull’altro. Senza dimenticare l’importanza che i partiti politici rivestivano ai tempi della “prima Repubblica”. E’ la migliore delle riforme possibili? Certamente no. Ma ci consegna un Paese migliore di quello attuale». 
Dal canto suo Roberto Cota, dopo aver rimarcato l’atteggiamento del presidente del Consiglio nell’aver voluto «strumentalizzare questa campagna, alla luce del fatto che dopo essere da quasi due anni al Governo la situazione del Paese non è certo migliorata. E’ chiaro - ha aggiunto - che sono tra quelli che si battono affinché Renzi vada a casa, e il referendum potrebbe essere uno strumento politico affinché la cosa si possa realizzare, ma questa riforma tocca dei temi che possono essere affrontati in maniera diversa». 
Una riforma, secondo l’esponente del “Carroccio”, «che non incide unicamente dal punto di vista del superamento del bicameralismo paritario, ma piuttosto pesantemente in quelle che sono le competenze e i poteri fra lo Stato e le Regioni». Però Cota ha guardato già oltre: «Che cosa succederà se vincerà il “no”? Non ci sarà certamente il… diluvio. Forse Renzi non cadrà. 
Dal punto di vista istituzionale si potranno gettare le basi per una riforma condivisa, ben fatta, alternativa, combinata a una nuova legge elettorale che potrebbe addirittura esprimere dei nuovi leader, tanto a destra quanto a sinistra, che non seguiranno il consenso del momento, ma che si presenteranno ai cittadini con un programma magari anche con qualche punto impopolare, ma che sul lungo periodo impostino le basi per un Paese diverso». 

Luca Mattioli 

NOVARA - La “Lega Nord” novarese ha chiuso la campagna per il referendum costituzionale organizzando due serate all’albergo “Italia”, la prima delle quali - mercoledì - ha visto andare in scena un confronto sulle ragioni del “sì” e del “no” che ha visto contrapposti l’ex presidente della Camera (ma anche magistrato e docente universitario) Luciano Violante (schierato sul fronte dei favorevoli alla riforma) e l’ex presidente della Regione Piemonte Roberto Cota. 
Un confronto che non ha tradito le attese, rivelatosi di alto profilo, che avrebbe forse meritato una diversa collocazione temporale. A quattro giorni dal voto, infatti, gran parte della platea elettorale appare ormai “orientata” nella sua scelta. 
Un confronto, moderato dal giornalista Attilio Barlassina, servito per capire ultime “sfumature” in vista del voto di domani che, al di là delle sue implicazioni giuridiche, riveste particolari connotazioni politiche. E che è servito, come è stato sottolineato, a “svelenire” una campagna rivelatasi in certi frangenti troppo “muscolare”. 
Partendo dal fatto, ha esordito Violante, «che il “sì” e il “no” hanno pari legittimazione, occorre prendere atto che, in ogni caso, di fronte a qualsiasi risultato dovesse uscire dalle urne, bisognerà andare avanti. Da questo punto di vista se oggi ci troveremmo di fronte a una fase di rottura e di contrapposizione sarebbe più difficile». 
Per Violante (dichiaratosi un «non renziano che voterà sì») il senso politico «è che votiamo per quale tipo di Paese vogliamo. Il “no” lascia le cose come stanno, il “sì” le cambia, per me in meglio». Due sono i “difetti” che la riforma permetterebbe di superare: «L’instabilità politica (rappresentata dal fatto che il Governo deve contare sulla fiducia di entrambe le Camere) e una particolare lentezza nel percorso legislativo», anche se, ha aggiunto, «abbiamo avuto modo di valutare come in diverse occasioni, quando su certi temi si raggiungono larghe intese fra le opposte forze politiche, il percorso si velocizza». Però dovrebbe essere una cosa costante, «perché il mondo va veloce. E se la politica non si adegua a questa velocità, rimane tagliata fuori. 
Purtroppo “instabilità” e “velocità” non furono prese in considerazione settant’anni fa dai padri costituenti anche a causa della situazione geopolitica internazionale, dei blocchi contrapposti e dell’idea che nessuno dei due schieramenti potesse prevalere in maniera decisiva sull’altro. Senza dimenticare l’importanza che i partiti politici rivestivano ai tempi della “prima Repubblica”. E’ la migliore delle riforme possibili? Certamente no. Ma ci consegna un Paese migliore di quello attuale». 
Dal canto suo Roberto Cota, dopo aver rimarcato l’atteggiamento del presidente del Consiglio nell’aver voluto «strumentalizzare questa campagna, alla luce del fatto che dopo essere da quasi due anni al Governo la situazione del Paese non è certo migliorata. E’ chiaro - ha aggiunto - che sono tra quelli che si battono affinché Renzi vada a casa, e il referendum potrebbe essere uno strumento politico affinché la cosa si possa realizzare, ma questa riforma tocca dei temi che possono essere affrontati in maniera diversa». 
Una riforma, secondo l’esponente del “Carroccio”, «che non incide unicamente dal punto di vista del superamento del bicameralismo paritario, ma piuttosto pesantemente in quelle che sono le competenze e i poteri fra lo Stato e le Regioni». Però Cota ha guardato già oltre: «Che cosa succederà se vincerà il “no”? Non ci sarà certamente il… diluvio. Forse Renzi non cadrà. 
Dal punto di vista istituzionale si potranno gettare le basi per una riforma condivisa, ben fatta, alternativa, combinata a una nuova legge elettorale che potrebbe addirittura esprimere dei nuovi leader, tanto a destra quanto a sinistra, che non seguiranno il consenso del momento, ma che si presenteranno ai cittadini con un programma magari anche con qualche punto impopolare, ma che sul lungo periodo impostino le basi per un Paese diverso». 

Luca Mattioli 

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