«Saremo gli stessi, con una veste diversa»

«Saremo  gli stessi, con una veste diversa»
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NOVARA - «Anche se perderemo la qualifica di cooperativa e assumeremo la veste di società per azioni, noi rimarremo sempre una banca popolare, attenta alle famiglie e alle imprese del territorio». Le parole dell’amministratore delegato Pier Francesco Saviotti sono state un po’ il leitmotiv dell’assemblea dei soci del Banco Popolare, svoltasi sabato nel complesso sportivo del Terdoppio. Perché era ovvio che, approvata la legge di riforma varata dal Governo Renzi che prevede proprio la trasformazione delle banche popolari in spa, persino un argomento importante come il bilancio (peraltro chiuso con un “rosso” di quasi due miliardi) passasse in secondo piano. 

Davanti a oltre 7.600 presenti (quasi 3.600 a Novara, gli altri collegati in videoconferenza da Verona e Lucca), i vertici del Banco hanno rassicurato in ogni modo sull’intenzione di non abdicare dal ruolo di “banca del territorio”. 

«Questa riforma - ha rimarcato il presidente Carlo Fratta Pasini - per noi è sbagliata nel metodo e nel merito, e non abbiamo mancato di sottolinearlo. Ma siccome è diventata legge, le daremo applicazione». Cercando però di contemperare le esigenze di cambiamento con la volontà di mantenere ben piantate le proprie radici. «Il dna del Banco - ha ripetuto l’amministratore delegato Saviotti - è servire le famiglie e le imprese del territorio. Il 2014 segna uno spartiacque, ma non mi stancherò mai di ripetere che non perderemo le caratteristiche di banca popolare. Prossimità, sussidiarietà e attenzione al territorio sono stati, sono e rimarranno per noi un “must” irrinunciabile». 

Quel che certo è che il cammino da intraprendere non sarà semplice. E, soprattutto, difficilmente potrà essere un cammino “in solitaria”. Lo ha detto chiaramente Fratta Pasini: «Non andiamo in cerca di aggregazioni, ma certo stiamo valutando se ci sono compagni di strada con le nostre stesse prospettive, per continuare a fare il nostro servizio alle famiglie e alle imprese. L’obiettivo non è quello di fare una grande banca, ma una banca di dimensioni adeguate, che continui a svolgere la sua missione di banca popolare. Qualcuno dice che riuscirci sarà un miracolo. Non credo: è un obiettivo oggettivamente difficile, ma siamo fiduciosi di riuscire a perseguirlo. Essere una spa, di per sè, non implica che la banca non possa avere un azionariato diffuso. Ma sarà un lavoro grande».

In queste settimane si sono già diffuse le voci più disparate di possibili “partner”: altre banche (popolari e no), assicurazioni... «Siamo in una fase - ha detto Saviotti - in cui tutti parlano con tutti. Ma in questo momento non abbiamo compiuto alcun passo. E’ ovvio che il decreto spinga alle aggregazioni, ma queste sono cose delicate. Ad oggi nulla è escluso». Nemmeno l’ipotesi Popolare di Milano che, non è certo un segreto, è stata sempre un po’ il “sogno” dell’ad del Banco? «Non si sa mai... - è la risposta - Diciamo che ora non è più impossibile. Ma non è facile». 

Sulle future unioni, dunque, i vertici del Banco per ora non si sbilanciano, così come sui tempi: «Abbiamo davanti 18 mesi e nessuna fretta - ha detto il presidente -  Ora vagliamo una serie di possibilità. Stiamo cercando di capire come possiamo realizzare il progetto di questa nuova “casa”; materiali e fornitori li vedremo...».

Ma una cosa è sicura, ha chiosato Saviotti: «Non abbiamo nessuna intenzione di cambiare. Saremo sempre gli stessi: semplicemente, lavoreremo con una veste giuridica diversa. Io non vengo dal mondo delle banche popolari e posso assicurare che non c’è alcuna differenza tra la governance di una popolare e la governance di una spa. Ciò che fa il successo sono gli uomini. Gli uomini che fanno parte di questo management hanno il radicamento sul territorio come valore aggiunto. E questo non si modificherà».

Laura Cavalli

Foto  Martignoni

Leggi tutti i servizi sull’Assemblea del Banco Popolare sul Corriere di Novara di lunedì 13 aprile

NOVARA - «Anche se perderemo la qualifica di cooperativa e assumeremo la veste di società per azioni, noi rimarremo sempre una banca popolare, attenta alle famiglie e alle imprese del territorio». Le parole dell’amministratore delegato Pier Francesco Saviotti sono state un po’ il leitmotiv dell’assemblea dei soci del Banco Popolare, svoltasi sabato nel complesso sportivo del Terdoppio. Perché era ovvio che, approvata la legge di riforma varata dal Governo Renzi che prevede proprio la trasformazione delle banche popolari in spa, persino un argomento importante come il bilancio (peraltro chiuso con un “rosso” di quasi due miliardi) passasse in secondo piano. 

Davanti a oltre 7.600 presenti (quasi 3.600 a Novara, gli altri collegati in videoconferenza da Verona e Lucca), i vertici del Banco hanno rassicurato in ogni modo sull’intenzione di non abdicare dal ruolo di “banca del territorio”. 

«Questa riforma - ha rimarcato il presidente Carlo Fratta Pasini - per noi è sbagliata nel metodo e nel merito, e non abbiamo mancato di sottolinearlo. Ma siccome è diventata legge, le daremo applicazione». Cercando però di contemperare le esigenze di cambiamento con la volontà di mantenere ben piantate le proprie radici. «Il dna del Banco - ha ripetuto l’amministratore delegato Saviotti - è servire le famiglie e le imprese del territorio. Il 2014 segna uno spartiacque, ma non mi stancherò mai di ripetere che non perderemo le caratteristiche di banca popolare. Prossimità, sussidiarietà e attenzione al territorio sono stati, sono e rimarranno per noi un “must” irrinunciabile». 

Quel che certo è che il cammino da intraprendere non sarà semplice. E, soprattutto, difficilmente potrà essere un cammino “in solitaria”. Lo ha detto chiaramente Fratta Pasini: «Non andiamo in cerca di aggregazioni, ma certo stiamo valutando se ci sono compagni di strada con le nostre stesse prospettive, per continuare a fare il nostro servizio alle famiglie e alle imprese. L’obiettivo non è quello di fare una grande banca, ma una banca di dimensioni adeguate, che continui a svolgere la sua missione di banca popolare. Qualcuno dice che riuscirci sarà un miracolo. Non credo: è un obiettivo oggettivamente difficile, ma siamo fiduciosi di riuscire a perseguirlo. Essere una spa, di per sè, non implica che la banca non possa avere un azionariato diffuso. Ma sarà un lavoro grande».

In queste settimane si sono già diffuse le voci più disparate di possibili “partner”: altre banche (popolari e no), assicurazioni... «Siamo in una fase - ha detto Saviotti - in cui tutti parlano con tutti. Ma in questo momento non abbiamo compiuto alcun passo. E’ ovvio che il decreto spinga alle aggregazioni, ma queste sono cose delicate. Ad oggi nulla è escluso». Nemmeno l’ipotesi Popolare di Milano che, non è certo un segreto, è stata sempre un po’ il “sogno” dell’ad del Banco? «Non si sa mai... - è la risposta - Diciamo che ora non è più impossibile. Ma non è facile». 

Sulle future unioni, dunque, i vertici del Banco per ora non si sbilanciano, così come sui tempi: «Abbiamo davanti 18 mesi e nessuna fretta - ha detto il presidente -  Ora vagliamo una serie di possibilità. Stiamo cercando di capire come possiamo realizzare il progetto di questa nuova “casa”; materiali e fornitori li vedremo...».

Ma una cosa è sicura, ha chiosato Saviotti: «Non abbiamo nessuna intenzione di cambiare. Saremo sempre gli stessi: semplicemente, lavoreremo con una veste giuridica diversa. Io non vengo dal mondo delle banche popolari e posso assicurare che non c’è alcuna differenza tra la governance di una popolare e la governance di una spa. Ciò che fa il successo sono gli uomini. Gli uomini che fanno parte di questo management hanno il radicamento sul territorio come valore aggiunto. E questo non si modificherà».

Laura Cavalli

Foto  Martignoni

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