un mito

Basket: il College a lezione da coach Dan Peterson

A Novara giovedì, ospite del Gruppo Zenit di Beppe Barbera, altra figura ormai “storica” del basket non solo novarese.

Basket: il College a lezione da coach Dan Peterson
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Un "mito" tra i campi di pallacanestro e l'attività con carta stampata, social e tv

A 87 anni suonati, compiuti la scorsa settimana, è ancora un fiume in piena. E’ questa l’impressione che ha dato Dan Peterson, il coach più famoso d’Italia, e non solo, per le sue avventure sul campo di basket, ma anche per la sua intensa attività con carta stampata, social e tv. E’ arrivato, giovedì scorso a Novara, ospite del Gruppo Zenit di Beppe Barbera,

, come motivatore nella costruzione di quello che viene definito oggi un  “team building”, riservato nella mattinata ai tecnici di basket di College Borgomanero e Novara e, nel pomeriggio, ai dipendenti del Gruppo Zenit (composto da 28 dipendenti a Novara e una settantina in India). L’iniziativa ha spiegato Beppe Barbera è «nel solco del progetto che ha preso piede una ventina di anni fa. Borgomanero e Novara insieme per far crescere giocatori di casa nostra che rischiano di abbandonare il basket (soprattutto da 18 ai 23 anni), puntando a creare un team di livello che si stabilizzi negli anni. Società divise, ma con unità di intenti».

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«Non complichiamo la vita ai nostri giocatori, ma semplifichiamogliela»

E poi lui, il coach: «Cerco di dare una mani ai giovani tecnici, come l’hanno data a me quando ho iniziato ad allenare». E’ sull’onda dei ricordi: «Avevo quindici anni quando sono stato tagliato dalla squadra del liceo, ma ho avuto altre opportunità giocavo in leghe giovanili minori quando mi è stato proposto di allenare un gruppo di bambini di 10-11 anni. Sono stato fortunato - ricorda - di quella squadra in 300 metri abitavano 3 future stelle: due del basket Ncaa ed una di Nfl».

Una lunga carriera. Dal college (Delaware) alla nazionale cilena, fino a giungere in serie A con Bologna e Milano

E ancora: «Ringrazio i coach che mi hanno tagliato, perchè hanno saputo indicarmi la via più congeniale». Una lunga carriera. Dal college (Delaware) alla nazionale cilena, fino a giungere in serie A con Bologna e Milano. C’è un segreto? «Grandissima passione e un cammino “step by step” senza pretendere di insegnare nulla. Non sono un grande stilista come Giorgio Armani, sono solo “un umile sarto” che cerca di adattare al meglio la giacca che ha ai suoi clienti, cioè i giocatori. Questa mia convinzione ha cominciato a materializzarsi in Cile, dove i risultati sono arrivati grazie ad una certa flessibilità». Poi la grande avventura milanese durata 9 anni, per giungere all’apoteosi del 1987 con una squadra che vinse tutti. «Mia moglie - racconta compiaciuto - ha voluto farmi una sorpresa per il mio compleanno: ha invitato i giocatori di quella squadra. E’ stato bellissimo mancavano solo gli americani!». Cosa dirà ai tecnici? «Racconterò tanti aneddoti della mia gioventù e della mia esperienza italiana, perchè altri segreti non ce ne sono. Sono storie tese a dimostrare come siano decisivi, nel basket e nel lavoro, flessibilità (sapersi adeguare alle situazioni), studio e attenzione verso i giocatori (saperli ascoltare)».

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