Pubblicato:
Da Verona parte la riscossa azzurra
NOVARA - Prima o poi doveva succedere. L’impresa del Novara sul campo della corazzata Hellas Verona diverrà un’altra pagina consegnata alla storia, un punto di partenza da cogliere al volo dopo un inizio di stagione devastante, in ogni senso. La sfida del “Bentegodi”, dove mai nessuno quest’anno era ancora riuscito a vincere, poteva essere annoverata tra le missioni impossibili alla vigilia. E tutto deponeva a sfavore degli azzurri, che da 55 anni (2-1 nel 1961 con reti di Montenovo e Mentani) non passavano a Verona. Ma più in generale, cabala a parte, sappiamo benissimo cosa è accaduto in questo avvio di campionato: sei sconfitte consecutive in trasferta, con mister Boscaglia mai vittorioso (compresa l’avventura a Brescia) fuori casa nel 2016.
Per il primo squillo lontano dal “Piola” il Novara ha voluto fare le cose in grande, graffiando gli scaligeri di Pecchia e colpendoli a ripetizione di rimessa quando le maglie della difesa gialloblù si sono aperte clamorosamente. Grande merito ce l’ha l’allenatore siciliano, che ha capito di dover affrontare la corazzata del campionato a casa sua in maniera differente dal solito e ha cambiato modulo: difesa a tre, con l’inserimento di Mantovani, perno centrale affiancato da Troest e Scognamiglio, pronta a trasformarsi a cinque, grazie al sacrificio e al ripiegamento dei terzini.
Ma la vera differenza l’ha fatto l’atteggiamento dei calciatori azzurri, che hanno lottato su ogni pallone come ai bei tempi, difendendosi strenuamente sotto la spinta di Pazzini (per lui è ancora fatal Novara dopo la clamorosa sconfitta quando vestiva la maglia dell’Inter) e compagni, messi fuori giri e affondati in contropiede. Non è un caso che i primi tre gol siano arrivati dai tre centrocampisti in campo, Casarini, Viola e Faragò, segno che finalmente si sta ritrovando una quadratura.
Questa è la strada giusta, sulla quale bisognerà insistere, e da qui bisogna ripartire per ritrovare quell’unità nell’ambiente, determinante per riportare in alto il colore della maglia e della storia. Serve un colpo di spugna e l’occasione arriverà domenica alle ore 17.30 contro il Frosinone, balzato al secondo posto: una sfida che verrà affrontata senza Troest. Ma con un Novara così...
Paolo De Luca
Per il primo squillo lontano dal “Piola” il Novara ha voluto fare le cose in grande, graffiando gli scaligeri di Pecchia e colpendoli a ripetizione di rimessa quando le maglie della difesa gialloblù si sono aperte clamorosamente. Grande merito ce l’ha l’allenatore siciliano, che ha capito di dover affrontare la corazzata del campionato a casa sua in maniera differente dal solito e ha cambiato modulo: difesa a tre, con l’inserimento di Mantovani, perno centrale affiancato da Troest e Scognamiglio, pronta a trasformarsi a cinque, grazie al sacrificio e al ripiegamento dei terzini.
Ma la vera differenza l’ha fatto l’atteggiamento dei calciatori azzurri, che hanno lottato su ogni pallone come ai bei tempi, difendendosi strenuamente sotto la spinta di Pazzini (per lui è ancora fatal Novara dopo la clamorosa sconfitta quando vestiva la maglia dell’Inter) e compagni, messi fuori giri e affondati in contropiede. Non è un caso che i primi tre gol siano arrivati dai tre centrocampisti in campo, Casarini, Viola e Faragò, segno che finalmente si sta ritrovando una quadratura.
Questa è la strada giusta, sulla quale bisognerà insistere, e da qui bisogna ripartire per ritrovare quell’unità nell’ambiente, determinante per riportare in alto il colore della maglia e della storia. Serve un colpo di spugna e l’occasione arriverà domenica alle ore 17.30 contro il Frosinone, balzato al secondo posto: una sfida che verrà affrontata senza Troest. Ma con un Novara così...
Paolo De Luca
Leggi di più sul Corriere di Novara di lunedì 14 novembre 2016
NOVARA - Prima o poi doveva succedere. L’impresa del Novara sul campo della corazzata Hellas Verona diverrà un’altra pagina consegnata alla storia, un punto di partenza da cogliere al volo dopo un inizio di stagione devastante, in ogni senso. La sfida del “Bentegodi”, dove mai nessuno quest’anno era ancora riuscito a vincere, poteva essere annoverata tra le missioni impossibili alla vigilia. E tutto deponeva a sfavore degli azzurri, che da 55 anni (2-1 nel 1961 con reti di Montenovo e Mentani) non passavano a Verona. Ma più in generale, cabala a parte, sappiamo benissimo cosa è accaduto in questo avvio di campionato: sei sconfitte consecutive in trasferta, con mister Boscaglia mai vittorioso (compresa l’avventura a Brescia) fuori casa nel 2016.
Per il primo squillo lontano dal “Piola” il Novara ha voluto fare le cose in grande, graffiando gli scaligeri di Pecchia e colpendoli a ripetizione di rimessa quando le maglie della difesa gialloblù si sono aperte clamorosamente. Grande merito ce l’ha l’allenatore siciliano, che ha capito di dover affrontare la corazzata del campionato a casa sua in maniera differente dal solito e ha cambiato modulo: difesa a tre, con l’inserimento di Mantovani, perno centrale affiancato da Troest e Scognamiglio, pronta a trasformarsi a cinque, grazie al sacrificio e al ripiegamento dei terzini.
Ma la vera differenza l’ha fatto l’atteggiamento dei calciatori azzurri, che hanno lottato su ogni pallone come ai bei tempi, difendendosi strenuamente sotto la spinta di Pazzini (per lui è ancora fatal Novara dopo la clamorosa sconfitta quando vestiva la maglia dell’Inter) e compagni, messi fuori giri e affondati in contropiede. Non è un caso che i primi tre gol siano arrivati dai tre centrocampisti in campo, Casarini, Viola e Faragò, segno che finalmente si sta ritrovando una quadratura.
Questa è la strada giusta, sulla quale bisognerà insistere, e da qui bisogna ripartire per ritrovare quell’unità nell’ambiente, determinante per riportare in alto il colore della maglia e della storia. Serve un colpo di spugna e l’occasione arriverà domenica alle ore 17.30 contro il Frosinone, balzato al secondo posto: una sfida che verrà affrontata senza Troest. Ma con un Novara così...
Paolo De Luca
Per il primo squillo lontano dal “Piola” il Novara ha voluto fare le cose in grande, graffiando gli scaligeri di Pecchia e colpendoli a ripetizione di rimessa quando le maglie della difesa gialloblù si sono aperte clamorosamente. Grande merito ce l’ha l’allenatore siciliano, che ha capito di dover affrontare la corazzata del campionato a casa sua in maniera differente dal solito e ha cambiato modulo: difesa a tre, con l’inserimento di Mantovani, perno centrale affiancato da Troest e Scognamiglio, pronta a trasformarsi a cinque, grazie al sacrificio e al ripiegamento dei terzini.
Ma la vera differenza l’ha fatto l’atteggiamento dei calciatori azzurri, che hanno lottato su ogni pallone come ai bei tempi, difendendosi strenuamente sotto la spinta di Pazzini (per lui è ancora fatal Novara dopo la clamorosa sconfitta quando vestiva la maglia dell’Inter) e compagni, messi fuori giri e affondati in contropiede. Non è un caso che i primi tre gol siano arrivati dai tre centrocampisti in campo, Casarini, Viola e Faragò, segno che finalmente si sta ritrovando una quadratura.
Questa è la strada giusta, sulla quale bisognerà insistere, e da qui bisogna ripartire per ritrovare quell’unità nell’ambiente, determinante per riportare in alto il colore della maglia e della storia. Serve un colpo di spugna e l’occasione arriverà domenica alle ore 17.30 contro il Frosinone, balzato al secondo posto: una sfida che verrà affrontata senza Troest. Ma con un Novara così...
Paolo De Luca
Leggi di più sul Corriere di Novara di lunedì 14 novembre 2016