Siamo tornati a casa... ma per restarci (FOTOGALLERY)

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«Finalmente siamo tornati a casa». Così l’allora presidente del Novara Calcio, Carlo Accornero, oggi vicepresidente e presidente della Fondazione azzurra, aveva salutato il ritorno degli azzurri in serie B nella stagione 2010-11. Un ritorno ottenuto con una marcia trionfale che aveva sancito l’arrivo azzurro nella serie cadetta sin dal mese di aprile. E in queste poche battute si snoda tutta la storia del Novara Calcio: qualche annata in serie A, compresa l’ultima del 2011-12, tante in serie C, più che altro troppe, e, in mezzo, tanta, tantissima B.

Il campionato più duro e tignoso che ci sia, mai scontato, che riserva sempre delle sorprese. Insomma il campionato adatto ad una società come il Novara, pronta a lottare su tutti i fronti, in campo e fuori, sapendo di rischiare tanto, ma tentando di difendere dei principi universali, che vanno oltre il momento storico.

E anche quest’anno, nella stagione del ritorno a casa, è stato così. Il Novara si è visto staccato in partenza, ma ha saputo rimontare e, al giro di boa, avrebbe anche potuto dare la prima spallata decisiva, se non avesse vanificato la sua corsa con  una sconfitta (3-1 in casa guarda con il Lumezzane nell’ultima di andata) ed un pareggio (contro il Monza 2-2, subendo una rete in netto fuorigioco, nella prima di ritorno).

Da allora è stata una continua corsa a quattro, con Bassano, Pavia e Alessandria, fino a quando, ancora, gli azzurri hanno allungato. Sembrava la volta buona, anche perché la squadra di Toscano ha eguagliato il record di quella stratosferica di Tesser, ottenuto l’anno della promozione in B: 67 punti a parità di giornate.

Dall’alto, però, è arrivata la tegola dei deferimenti azzurri, due in sequenza, che, seppur relativi all’inizio di stagione, sono stati discussi nelle battute finali, con il Novara in piena lotta promozione. Mah!

L’apprensione dei tifosi azzurri è diventata sconforto, quando si pensava di prendere solo tre punti di penalizzazione, disperazione, quando ne sono arrivati otto e, alla fine, rabbia con un briciolo di speranza, quando sono stati ridotti a tre. Rabbia contro tutti, compreso il presidente Massimo De Salvo, per aver rovinato un sogno, che sembrava a portata di mano, con faccende estranee al rettangolo verde. Speranza, invece, perché la penalizzazione era pesante, ma non tagliava fuori il Novara dai giochi promozione (c’era sempre il paracadute dei play off).

Ma tutto è cambiato in quel 1° maggio in cui il Novara ha saputo battere l’Arezzo nella partita più difficile del campionato: l’obbligo di vincere e contro la squadra più dura del torneo. La rete liberatoria di Della Rocca ha assunto un valore simbolo, un calcio a tutte le pastoie che aveva tenuto a freno il cavallo azzurro, un cavallo di razza. Ed ora la corsa alla serie B poteva riprendere più forte di prima.

Il miracolo si è compiuto, poi, in quei sei minuti di attesa, quando il Novara, ormai sicuro del risultato, aspettava sul campo, insieme ai suoi tifosi, l’esito di Monza-Bassano. In campo e sugli spalti nessuno fiatava, poi un boato immenso, bellissimo, ha salutato il primato in classifica. In quel momento è ritornato l’amore tra il Novara Calcio e la sua città, che ha messo da parte rancori e delusioni, perché ha capito che quelle maglie azzurre sono un patrimonio troppo importante per esser sciupato in polemiche, perché il “Nuara” fa parte del nostro Dna, nel bene e nel male. 

Il pubblico di Novara è quello che ha salutato la serie A applaudendo la sua squadra per 10 minuti, non fischiandola per la retrocessione, ma ringraziandola. Il pubblico di Novara sa capire quando è ora di rimboccarsi le maniche per aiutare chi onora la maglia azzurra, come questo Novara di Mimmo Toscano, sicuramente operaio, ma con un cuore immenso. Un gruppo che ha saputo reagire anche quando tutto sembrava ormai perso. Insomma un gruppo di uomini. Nella benda insanguinata di Bergamelli, rimasto in campo dopo una zuccata terribile, nei minuti finali, c’è tutta la forza di questo Novara.

Adesso siamo tornati a casa, in serie B…ma per restarci!  Ieri intanto è scoppiata la festa, prima in Banca Popolare e poi in piazza Puccini con più di 1.000 tifosi. 

Sandro Devecchi

«Finalmente siamo tornati a casa». Così l’allora presidente del Novara Calcio, Carlo Accornero, oggi vicepresidente e presidente della Fondazione azzurra, aveva salutato il ritorno degli azzurri in serie B nella stagione 2010-11. Un ritorno ottenuto con una marcia trionfale che aveva sancito l’arrivo azzurro nella serie cadetta sin dal mese di aprile. E in queste poche battute si snoda tutta la storia del Novara Calcio: qualche annata in serie A, compresa l’ultima del 2011-12, tante in serie C, più che altro troppe, e, in mezzo, tanta, tantissima B.

Il campionato più duro e tignoso che ci sia, mai scontato, che riserva sempre delle sorprese. Insomma il campionato adatto ad una società come il Novara, pronta a lottare su tutti i fronti, in campo e fuori, sapendo di rischiare tanto, ma tentando di difendere dei principi universali, che vanno oltre il momento storico.

E anche quest’anno, nella stagione del ritorno a casa, è stato così. Il Novara si è visto staccato in partenza, ma ha saputo rimontare e, al giro di boa, avrebbe anche potuto dare la prima spallata decisiva, se non avesse vanificato la sua corsa con  una sconfitta (3-1 in casa guarda con il Lumezzane nell’ultima di andata) ed un pareggio (contro il Monza 2-2, subendo una rete in netto fuorigioco, nella prima di ritorno).

Da allora è stata una continua corsa a quattro, con Bassano, Pavia e Alessandria, fino a quando, ancora, gli azzurri hanno allungato. Sembrava la volta buona, anche perché la squadra di Toscano ha eguagliato il record di quella stratosferica di Tesser, ottenuto l’anno della promozione in B: 67 punti a parità di giornate.

Dall’alto, però, è arrivata la tegola dei deferimenti azzurri, due in sequenza, che, seppur relativi all’inizio di stagione, sono stati discussi nelle battute finali, con il Novara in piena lotta promozione. Mah!

L’apprensione dei tifosi azzurri è diventata sconforto, quando si pensava di prendere solo tre punti di penalizzazione, disperazione, quando ne sono arrivati otto e, alla fine, rabbia con un briciolo di speranza, quando sono stati ridotti a tre. Rabbia contro tutti, compreso il presidente Massimo De Salvo, per aver rovinato un sogno, che sembrava a portata di mano, con faccende estranee al rettangolo verde. Speranza, invece, perché la penalizzazione era pesante, ma non tagliava fuori il Novara dai giochi promozione (c’era sempre il paracadute dei play off).

Ma tutto è cambiato in quel 1° maggio in cui il Novara ha saputo battere l’Arezzo nella partita più difficile del campionato: l’obbligo di vincere e contro la squadra più dura del torneo. La rete liberatoria di Della Rocca ha assunto un valore simbolo, un calcio a tutte le pastoie che aveva tenuto a freno il cavallo azzurro, un cavallo di razza. Ed ora la corsa alla serie B poteva riprendere più forte di prima.

Il miracolo si è compiuto, poi, in quei sei minuti di attesa, quando il Novara, ormai sicuro del risultato, aspettava sul campo, insieme ai suoi tifosi, l’esito di Monza-Bassano. In campo e sugli spalti nessuno fiatava, poi un boato immenso, bellissimo, ha salutato il primato in classifica. In quel momento è ritornato l’amore tra il Novara Calcio e la sua città, che ha messo da parte rancori e delusioni, perché ha capito che quelle maglie azzurre sono un patrimonio troppo importante per esser sciupato in polemiche, perché il “Nuara” fa parte del nostro Dna, nel bene e nel male. 

Il pubblico di Novara è quello che ha salutato la serie A applaudendo la sua squadra per 10 minuti, non fischiandola per la retrocessione, ma ringraziandola. Il pubblico di Novara sa capire quando è ora di rimboccarsi le maniche per aiutare chi onora la maglia azzurra, come questo Novara di Mimmo Toscano, sicuramente operaio, ma con un cuore immenso. Un gruppo che ha saputo reagire anche quando tutto sembrava ormai perso. Insomma un gruppo di uomini. Nella benda insanguinata di Bergamelli, rimasto in campo dopo una zuccata terribile, nei minuti finali, c’è tutta la forza di questo Novara.

Adesso siamo tornati a casa, in serie B…ma per restarci!  Ieri intanto è scoppiata la festa, prima in Banca Popolare e poi in piazza Puccini con più di 1.000 tifosi. 

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Sandro Devecchi

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