Illuminazione pubblica ad Arona: carte false per l'appalto
Dopo essersi aggiudicato la gara in questione – base d’asta 1,9 milioni di euro – l’imprenditore era stato escluso dalla stessa perché avrebbe presentato carte, siglate dall’architetto finito a giudizio con lui, in cui si sarebbe dichiarato il falso
La gara per l’illuminazione pubblica nel Comune di Arona è al centro di un processo in corso di svolgimento – siamo prossimi alla conclusione – presso il tribunale di Verbania.
I fatti
Nei giorni scorsi il pubblico ministero Anna Maria Rossi ha chiesto al termine della sua requisitoria la condanna a 16 mesi di reclusione ciascuno nei confronti di un imprenditore e un funzionario accusati dei reati di turbativa d’asta e di falso.
Stando alla procura di Verbania, che a suo tempo aveva aperto un fascicolo a seguito della segnalazione da parte della Centrale di committenza di Verbania, cui erano seguite le indagini della Guardia di Finanza, i due – il primo titolare di una società del Canavese, il secondo dipendente presso un Comune del Milanese, – avrebbero redatto e prodotto una certificazione non corrispondente al vero, in relazione alla gara d’appalto per la gestione dell’illuminazione pubblica aronese.
I fatti al centro del procedimento risalgono all’estate del 2019. Dopo essersi aggiudicato la gara in questione – base d’asta 1,9 milioni di euro – l’imprenditore era stato escluso dalla stessa perché avrebbe presentato carte, siglate dall’architetto finito a giudizio con lui, in cui si sarebbe dichiarato, sostanzialmente, che la sua società aveva gestito 1.500 punti luce in quel Comune del Milanese, requisito questo che era stato richiesto, in seconda battuta, per qualificare l’impresa come “provato gestore del servizio”.
Ma l’attestazione era risultata per l’accusa falsa e così era partita la segnalazione alla procura competente per territorio, quella di Verbania. Poi gli accertamenti dei militari della Gdf. Nel corso della penultima udienza, svoltasi il 3 giugno 2022, era stata ricostruita la vicenda ed erano stati ascoltati i testimoni.
Era emerso, tra l’altro, che nel territorio comunale del Milanese la ditta dell’imprenditore finito nei guai non avrebbe gestito la rete, ma ne avrebbe curato “soltanto” la manutenzione. Gli indagati hanno raccontato la loro versione dei fatti. L’imprenditore avrebbe sostanzialmente dichiarato di essere in buona fede, mentre il professionista avrebbe ammesso di aver sbagliato a redigere la documentazione e che non sapeva che sarebbe servita per una gara. Nei giorni scorsi la conclusione del dibattimento che attende, ora, di andare a sentenza.