La condanna

Tredici anni ai rapinatori della gioielleria “Zanaboni” di Arona

Il processo per rapina aggravata si è svolto nelle aule di corso Europa a Pallanza

Tredici anni ai rapinatori della gioielleria “Zanaboni” di Arona
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Si è concluso nei giorni scorsi a Verbania il processo a carico di due lituani accusati della rapina a mano armata – e a tempo di record, 1 minuto e 28 secondi in tutto per compierla – messa a segno il 24 novembre del 2021 alla gioielleria “Zanaboni” di Arona.

La condanna

La pm Sveva De Liguoro aveva chiesto per i due imputati una pena superiore di 6 mesi a quella poi inflitta dal collegio presieduto da Beatrice Alesci, con Ines Carabetta e Marianna Panattoni giudici a latere. Dunque, sei anni e mezzo a testa, tredici in due, per R. L. e M. M. , difesi dall’avvocato Alberto Beer, che erano stati arrestati nell’ottobre del 2022 nel loro paese, grazie alla collaborazione dell’Interpol e da allora, dopo l’estradizione, sono reclusi in Italia. Secondo quanto ricostruito, quella mattina attorno alle 10 nella gioielleria situata nel centro storico di aronese erano entrati tre uomini con il volto semicoperto da una mascherina chirurgica e le mani da guanti. Uno di loro aveva estratto una pistola e minacciato i proprietari e la dipendente, mentre i due complici, infrangendo con un palanchino alcune teche e gli sportelli delle vetrinette blindate, avevano prelevato diversi gioielli e pietre preziose per circa 150 mila euro. Un bottino rubato a tempo record (1’28” per mettere a segno il blitz e portarsi via tra l’altro 18 orologi di valore, tra Tudor, Rolex e Iwc) e dato in custodia a un quarto complice, che era fuggito in bicicletta nella direzione opposta rispetto a quella del resto della banda. Da lì era partita l’indagine coordinata dalla procura di Verbania, complessa e articolata anche con l’ausilio delle immagini delle numerose telecamere della videosorveglianza aronese e tramite i racconti di alcuni testimoni oculari, che ha portato a identificare quattro persone e ad arrestarne due: gli altri risulterebbero tuttora latitanti.

La banda di professionisti, così come emerso, avrebbe seguito un copione collaudato e potrebbe aver messo a segno furti fotocopia anche altrove in Europa. In ogni paese dove hanno scelto di colpire, avrebbero avuto un basista che li aiutava ad arrivare e trovare una sistemazione per qualche giorno. Prima di entrare in azione compivano sempre un sopralluogo nella gioielleria, fingendosi clienti. Poi tornavano nel negozio anche una seconda volta, facendo credere di voler concludere l’acquisto, ma è in questa fase che scattava la rapina. Decisiva è stata la tecnologia. Senza impronte digitali, né immagini nitide dei volti, lo spunto investigativo è giunto dal cellulare che uno dei malviventi è stato visto utilizzare.

Il processo per rapina aggravata si è svolto nelle aule di corso Europa a Pallanza, competente per territorio. La sentenza è arrivata martedì 13 giugno. R. L. e M. M. dovranno scontare gli anni di carcere e pagare una multa complessiva di 3 mila euro, poi saranno espulsi dall’Italia. Possibile il ricorso in Appello dell’avvocato Beer. Nel corso delle ultime udienze era stato ascoltato il comandante del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Arona che all’epoca aveva coordinato le indagini che avevano portato a identificare i rapinatori. E’ emerso che erano giunti in auto il giorno prima di compiere i blitz, avevano dormito in un albergo in zona Malpensa e quindi raggiunto Arona a piedi dalla stazione di Dormelletto, dopo aver preso il treno per Gallarate.

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