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Tragedia Mottarone: nessuno degli indagati ha chiesto di farsi interrogare nuovamente

Sono scaduti i termini entro i quali le difese avrebbero potuto presentare memorie o chiedere, per l’appunto, di essere riascoltati dagli inquirenti

Tragedia Mottarone: nessuno degli indagati ha chiesto di farsi interrogare nuovamente
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Dopo che nelle scorse settimane la procura di Verbania ha notificato l’avviso di chiusura indagini alle sei persone più le due società accusate a vario titolo, di omicidio colposo, lesioni colpose, disastro colposo, violazione delle norme di sicurezza e falso in relazione alla strage della funivia del Mottarone, si è appreso che nessuno degli indagati – inizialmente sembrava che almeno Gabriele Tadini avrebbe perseguito questa strada – ha scelto di farsi interrogare nuovamente.

Scaduti i termini

Sono scaduti i termini entro i quali le difese avrebbero potuto presentare memorie o chiedere, per l’appunto, di essere riascoltati dagli inquirenti. Il prossimo atto della procuratrice capo Olimpia Bossi e della sostituto Laura Carrera sarà, dunque, la richiesta di rinvio a giudizio di quegli otto. Nei guai l’imprenditore e concessionario dell’impianto Luigi Nerini, Enrico Perocchio direttore di esercizio e il borgomanerese e caposervizio Gabriele Tadini, oltre che le due società coinvolte, Ferrovie del Mottarone e Leitner di Vipiteno. Di quest’ultima sotto i riflettori presidente e vice del consiglio di gestione e il responsabile assistenza clienti, rispettivamente Antoon Seeber, Martin Leitner e Peter Rabanser.

Si parla del prossimo mese di settembre, o al massimo di ottobre, per l’avvio del processo atteso dai familiari delle vittime e utile per fare luce sulle eventuali responsabilità che il 23 maggio 2021 hanno portato alla morte di 14 persone. Dalla vicenda, come noto, sono usciti di scena sei tecnici manutentori, inizialmente iscritti, nel luglio di due anni fa, sul registro degli indagati. Ad emettere il decreto di archiviazione è stato il gip Mauro D’Urso, il quarto dall’inizio di questa vicenda. A concorrere alla tragedia del Mottarone, secondo le risultanze dei periti della lunghissima fase di incidente probatorio, sarebbero stati l’usura e il logorio per il 68% della fune portante – che quella domenica si era improvvisamente spezzata quando la cabina numero 3 si trovava a pochi metri dalla vetta – e l’inserimento consapevole da parte di Tadini dei “forchettoni” che avevano di fatto disattivato il sistema frenante. Un “gesto” che sarebbe stato compiuto già altre volte, secondo l’accusa con la consapevolezza pare delle altre persone coinvolte, allo scopo di impedire i frequenti blocchi del servizio.

Ignorati dunque, sempre per l’accusa, i protocolli di sicurezza che avrebbero potuto impedire la morte di 14 passeggeri. Intanto, in anticipo sulle previsioni, sono terminate le operazioni di rimozione del cavo d’acciaio che si era spezzato nella tragedia della funivia. Sui incarico della procura, l’intervento è stato eseguito in sicurezza dai Vigili del fuoco del comando provinciale di Verbania. La fune d’acciaio, lunga oltre 5 chilometri e che ora è stata depositata nei capannoni della Provincia dove già ci sono sotto sequestro gli altri reperti dell’incidente (compresa la carcassa della cabina) rappresentava un pericolo per gli escursionisti che frequentano boschi e sentieri alle pendici della montagna. Parte delle spire si erano, infatti, avvolte sugli alberi e sull’erba.

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