Procura Novara

Residence per profughi: chiesto rinvio a giudizio per don Zeno

Secondo l’accusa, in uno dei venticinque piccoli alloggi del residence si prostituivano ragazze straniere

Residence per profughi: chiesto rinvio a giudizio per don Zeno
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La procura novarese ha chiesto il rinvio a giudizio per don Zeno Prevosti. L’accusa ipotizzata nei suoi confronti è truffa ai danni dello Stato. Grazie al residence “Cristina” di via Ravenna, riconducibile a una sua società, il sacerdote avrebbe ottenuto contributi pubblici non dovuti per l’accoglienza di profughi.

I fatti

Una cinquantina in tutto quelli ospitati a suo tempo. Ma il sito, secondo l’Asl che aveva effettuato un sopralluogo, non aveva i requisiti igienico-sanitari necessari, considerato che erano stati trovati, tra l’altro, degli scarafaggi. Questa vicenda è direttamente collegata con le indagini che tra il 2018 e il 2019, dopo la denuncia di due trans, avevano accertato l’esercizio della prostituzione nelle stanze del residence “Emanuela” di Novara, sempre collegato a don Zeno. Il 2 ottobre 2019 sull’immobile di via Ravenna erano stati posti i sigilli dall’autorità giudiziaria e quattro persone erano finite nei guai con l’accusa, in concorso, di tolleranza e sfruttamento della prostituzione e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La vicenda aveva suscitato clamore, anche perché tra gli indagati c’era anche il prete novarese, risultato poi essere socio dell’immobile sequestrato e nei cui confronti il pm Mario Andrigo ha chiesto l’archiviazione: non avrebbe saputo nulla.

Secondo l’accusa, in uno dei venticinque piccoli alloggi del residence si prostituivano ragazze straniere, anche evitando di registrarsi perché presumibilmente senza documenti, con il favore di gestori, proprietari e collaboratori che, così sarebbe emerso, avrebbero tollerato il tutto. I clienti sarebbero arrivati tramite annunci pubblicati in rete. Il blitz, al quale avevano preso parte carabinieri tra gli altri di Novara e di Arona in collaborazione con un Nucleo cinofilo, aveva condotto allo sgombero di una ventina di persone che erano state trovate all’interno degli appartamenti di “Emanuela”.

C’è già stato un patteggiamento, mentre le altre persone coinvolte sono andate a processo con rito ordinario. Hanno reso la loro testimonianza alcuni dei carabinieri che presero parte alle indagini, confermando che tutti sapevano di ciò che accadeva in via Ravenna. Nei guai sono i custodi dell’epoca e quelli precedenti che avrebbero coperto il giro di prostituzione. Ora è in corso di svolgimento il secondo filone delle indagini relativo all’ospitalità ai migranti.

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