Scambio prigionieri Svezia-Iran ma Ahmadreza Djalali resta in carcere: "Vergogna"
"E' vergognoso che il governo svedese abbia lasciato indietro il suo cittadino"
Ahmadreza Djalali, il medico e docente con cittadinanza svedese e iraniana, per anni presso l’Università del Piemonte Orientale di Novara, arrestato nel 2016 e condannato a morte l’anno dopo per “spionaggio”, è stato escluso dallo scambio di detenuti portato a termine sabato 15 giugno tra Svezia e Iran.
I fatti
A Teheran è tornato Hamid Nouri, condannato in via definitiva all’ergastolo in Svezia per il ruolo avuto nel massacro delle carceri iraniane del 1988, in cui furono sommariamente uccisi migliaia di detenuti politici. In cambio, sono rientrati in Svezia il funzionario dell’Unione europea Johan Floderus, che rischiava l’ergastolo o la pena di morte per “spionaggio”, e Saeed Azizi, condannato a cinque anni per “collusione contro la sicurezza nazionale” e gravemente malato.
Questo il commento di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:
“La Svezia, come in passato altri stati europei, ha accettato che suoi cittadini venissero trattati come ostaggi dall’Iran. Pare evidente che Floderus e Azizi fossero stati arrestati dalle autorità iraniane proprio per essere usati come pedine di scambio al fine di ottenere il ritorno a casa del massacratore di prigionieri Hamid Nouri, che ieri appena atterrato a Teheran ha usato parole sprezzanti e intrise di impunità, rendendo chiaro che la giustizia è stata la grande sconfitta in questa vicenda“.
“Ma, una volta accettata la cinica strategia dello scambio di detenuti, è vergognoso che il governo svedese abbia lasciato indietro il suo cittadino Ahmadreza Djalali, arrestato ormai otto anni fa e da sette con un cappio al collo: un’immagine che, da metaforica, rischia di diventare reale perché ormai l’Iran ha ottenuto ciò che voleva e Djalali non serve neanche più per negoziare contropartite“.
“Il capo della politica estera dell’Unione europea Borrell ieri ha dichiarato che proseguiranno gli sforzi per ottenere la scarcerazione degli altri cittadini con doppia nazionalità che si trovano ancora nelle carceri iraniane. Speriamo non siano parole di circostanza. In nome del fatto che Djalali ha trascorso anni in Italia, contribuendo anche all’avanzamento della ricerca scientifica nel nostro paese, è importante che si muovano anche le istituzioni italiane”.