Dipendenze

Gioco d’azzardo in risalita dopo il Covid: c’è chi accumula debiti fino a 240.000 euro

Parla Caterina Raimondi, la psicologa psicoterapeuta specialista referente dell'ambulatorio Gap, presente con uno sportello a Trecate

Gioco d’azzardo in risalita dopo il Covid: c’è chi accumula debiti fino a 240.000 euro
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Le situazioni debitorie in alcuni casi sono fortemente complesse: si parla di 60/80 mila o addirittura di 240mila euro di debito. È il motivo principale per cui le persone decidono di rivolgersi al dipartimento di patologie delle dipendenze ambulatorio Gap (gioco d’azzardo patologico) dell’Asl Novara.

A Trecate in via Rugiada lo sportello raggruppa pazienti che arrivano anche dalle sedi di Novara, Arona e Borgomanero. "Dal 2008, quando abbiamo aperto, le persone sono state in tutto 608, su un totale regionale di 1.800. Sono numeri su cui si possono fare parecchie riflessioni", spiega al settimanale NovaraOggi Caterina Raimondi, la psicologa psicoterapeuta specialista referente dell'ambulatorio Gap.

Che cosa è cambiato rispetto a prima? Ha influito la pausa Covid?

«Come si chiede nella domanda, è stata una pausa, come è accaduto per diverse attività. E dopo l’interruzione si è ripreso come prima, anzi abbiamo avuto anche delle impennate, una sorta di addio al celibato al contrario, “Bisogna fare perché è passato troppo tempo e bisogna recuperare”».

Si possono dare dei numeri?

«Prima del Covid ci eravamo assestati sui 3/4 casi mensili, ora i casi al mese sono 5/6. Nel lockdown non si è smesso di giocare, c’era l’online. Dopo le chiusure si è tornati anche al gioco fisico. Il 30% dei pazienti sono giovani adulti, vale a dire compresi fra i 19 e i 27 anni. Sono molti di più i maschi, anche se le donne che giocano sono un po’ aumentate, ora sono il 20%, ma arrivano con una situazione economica meno devastata, sono per lo più pensionate o casalinghe».

E gli uomini?

«Sono persone che lavorano e che utilizzano i loro soldi per il gioco. E spesso si arriva a debiti di 80mila euro, è questo il fatto scatenante che li porta da noi ancor prima del rendersi conto di quanto accade. C’è l’ansia di non avere più quei soldi per sostenere una determinata spesa».

Quali sono i principali giochi?

«Videogiochi, scommesse sportive e gratta e vinci. Le scommesse sono quelle che più hanno coinvolto i giovani, loro giocano pensando di essere esperti della materia e pensano di farlo in modo consapevole. In realtà è una patologia che fatica di più a essere conclamata».

In che cosa consiste la “cura”?

«Il ciclo è di almeno sei mesi, il tempo necessario per vedere un primo cambiamento. Gli appuntamenti sono settimanali, poi diluiti nel tempo. I pazienti? Spesso arrivano soli, altre volte con un accompagnatore, si sta accanto anche al caregiver ma è ovvio che il percorso sia assolutamente personale . Oltre all’aspetto economico chi viene al servizio è mosso da motivazioni famigliari, è magari rimasto solo, ha troncato rapporti importanti e si rende conto. Anche la cura è un far vedere l’avvenuto riscatto».

L’iniziativa del camper Gap promuove la riduzione del danno…

«E’ un contesto extra ambulatoriale, si va a “contrattare” e a mediare su tempo e denaro. Le persone non vengono al servizio Asl, ma siamo noi che le troviamo in giro, nel loro contesto. È diverso, perché è un modo quasi di dire loro che si “accetta” la loro situazione, ma è già uno step. Da dicembre 2022, da quando il camper è partito, abbiamo monitorato circa 60 passaggi e sono per lo più giocatori sì problematici, ma non patologici».

Ci saranno novità?

«Ci sarà presto un nuovo presidio su Novara in modo centralizzato. Sarà un servizio che opererà in orari particolari per essere sempre pronti. E poi, al momento però non posso dire molto altro, partirà a breve un progetto innovativo, regionale, al quale abbiamo aderito. Innovativo e anche d’impatto, potrà essere un grande aiuto».

Ci sono liste di attesa?

«No, chi chiama nel giro di una settimana ha il primo appuntamento».

Quanto è bello vedere i risultati?

«Molto, soprattutto quando ci si rende conto che il paziente riesce a riappropriarsi del suo progetto di vita. Il gioco toglie tantissimo ed è difficile rendersene conto perché, per esempio a differenza dell’alcol o altro, non crea disagi o malori fisici, ma a livello mentale è incredibile. L’aspetto difficile è proprio quello di sapere in prospettiva come andranno le cose e garantire al paziente un benessere che duri nel tempo».

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