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Il parco giochi di Dagnente ora porta il nome del partigiano Pierino

Pietro fu il più giovane delle vittime dell'eccidio di Solcio, aveva appena 17 anni quando morì

Il parco giochi di Dagnente ora porta il nome del partigiano Pierino
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Il parco giochi di Dagnente è stato intitolato alla memoria del partigiano Pierino, nome di battaglia di Pietro Travaini.

Un nuovo nome per il parco giochi di Dagnente

Il momento tanto atteso alla fine è arrivato: lo scorso 25 febbraio l’Amministrazione comunale, insieme alla sezione locale dell’Anpi, presieduta da Lucia Caruso, che ha avuto l'idea della cerimonia, ha intitolato il parco giochi di Dagnente alla memoria del partigiano Piero Travaini. Da una settimana quindi, l'area verde della frazione è intitolata a una figura importante della Resistenza in terra aronese.

Un partigiano troppo giovane per morire

Travaini nacque ad Arona il 16 novembre del 1927. Era il figlio di Pietro Travaini e Angela Romerio e con loro abitava in via Soardi, 5, nella frazione di Dagnente. Aveva appena 17 anni quando entrò a far parte della seconda divisione Redi, decima Brigata Rocco, Battaglione Bariselli delle formazioni partigiane. Il suo nome di battaglia era Pierino. Il 19 maggio del 1945, durante un’azione volta a proteggere Armeno da un’incursione fascista particolarmente violenta, rimase isolato dai suoi compagni e venne fatto prigioniero dagli uomini del tenente Finestra. Fu condotto a Baveno. In quel momento con Travaini c’erano altri circa 80 prigionieri. Il 24 marzo 1945 un soldato tedesco fu ucciso durante un’azione dei partigiani nei pressi di Solcio. “Per ogni tedesco ucciso, dieci italiani saranno fucilati”: questa era la regola alla base delle vili rappresaglie che i nazifascisti praticavano sul suolo italiano. Gli autocarri del capitano Stamm delle SS prelevarono quindi 9 prigionieri da Baveno, tra i quali c’era anche il partigiano Pierino, per condurli alla fucilazione a Solcio. Durante il tragitto, senza alcun motivo, uccisero con una raffica di mitra Cesare Simoncini, un operaio che stava rincasando dopo il turno di lavoro. Giunti a Solcio, i prigionieri furono prima passati per le armi e poi colpiti da alcune bombe a mano, che resero irriconoscibili i loro resti. Assieme a Travaini e a Simoncini caddero anche i tre fratelli Beltrami: Adolfo, Cipriano e Giovanni, Gian Mario Comina, Giorgio Fagnoni, Severino Gobbi, Tersilio Villa e Paolo Torlone.

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I giorni bui di Lesa e di Solcio

Quando fu ucciso, Pietro Travaini aveva appena 17 anni. A ricostruire la sua storia e quella dei suoi compagni è anche un libretto stampato la prima volta nel 1946, scritto da Guido Tadini e intitolato “Un paese sul lago”. "Lesa è terra di nessuno - recita un passaggio del libretto - gli invasori quando passano, filano via di fretta con le misure di sicurezza; i partigiani quando scendono, percorrono più sicuri i viottoli e sostano nelle case amiche, ma senza mostrare le armi ed evitano, di regola, le azioni. La zona deve essere tenuta tranquilla quanto più è possibile, perché da Lesa transitano i rifornimenti, che affluiscono dalla sponda lombarda per gli uomini della montagna". Il libretto descrive il clima di autentico terrore che regnava tra gli abitanti di Lesa, l’insicurezza totale nella quale erano costretti a vivere ogni giorno, il timore di essere prelevati da un momento all’altro dai tedeschi. "L’angoscia si aggrava - recita un altro passaggio - quando più tardi la notte è squarciata da un improvviso rabbioso fuoco di mitra e di bombe a mano che dura qualche minuto; poi un silenzio immenso. Buio e silenzio. In seguito (un quarto d’ora o un’ora dopo) passano rombando una dopo l’altra, a distanze ravvicinate, molte automobili e diversi autocarri. Il blocco evidentemente è stato tolto. Che cosa sarà avvenuto? Nessuno lo sa. E nessuno osa uscire nelle ore di coprifuoco in una notte come questa". Il giorno dopo si seppe che cosa era accaduto: il massacro di dieci giovani. I lesiani reagirono in massa, impegnandosi a garantire a ogni costo una degna sepoltura ai loro martiri, tra i quali c’era anche il partigiano Pierino.

La soddisfazione del sindaco

"Un grande grazie a tutte le persone - ha scritto sui suoi canali social il sindaco Federico Monti - e alle autorità civili e militari e religiose, e a tutte le associazioni che questa mattina con me e tutta la mia Giunta, hanno presenziato alla bellissima cerimonia di intitolazione al parco giochi di Dagnente, a Pietro Travaini, ragazzo diciassettenne, partigiano, che ha sacrificato la propria vita, per la libertà e la democrazia, contro l’idiozia fascista… Ogni genitore potrà raccontare la storia di Pietro, entrando al parco e noi avremo raggiunto il nostro obiettivo: tramandare la storia ai giovani. Un grazie particolare alla famiglia di Pietro, all’Anpi, e agli Alpini per la bellissima festa da loro organizzata". Alla cerimonia hanno partecipato anche gli Alpini, l’associazione Stella Alpina e il sindaco di Meina Fabrizio Barbieri.

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