Una vicenda oscura

L'ex assessore aronese: "Il caso Tobagi? Dobbiamo cercare tutta la verità su quell'omicidio"

Antonello De Stefano ripercorre la storia dell'assassinio attraverso i racconti dei testimoni e le risultanze dei documenti

L'ex assessore aronese: "Il caso Tobagi? Dobbiamo cercare tutta la verità su quell'omicidio"
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L'ex assessore aronese Antonello De Stefano, fratello di uno dei membri della Brigata XXVIII Marzo che organizzò l'assassinio di Walter Tobagi, ripercorre la vicenda in uno spettacolo teatrale.

De Stefano a teatro con la sua verità su Tobagi

Domenica 3 ottobre sul palco del teatro San Carlo di Arona c’era Antonello De Stefano, fratello minore di Manfredi De Stefano, aronese condannato per la partecipazione all’omicidio del giornalista Walter Tobagi e morto nel carcere di Udine nell’aprile del 1984, apparentemente per un aneurisma. Quattro anni prima, il 28 maggio 1980, il giornalista del Corriere della Sera veniva ucciso con cinque colpi di pistola in via Salaino, intorno alle 11 del mattino. Un uomo che muore. Un giornalista che muore.  Il cuore dell’Italia che si ferma un’altra volta. In quel momento si sospendeva il racconto di un professionista che sapeva indagare, descrivere, spiegare. E l’Italia rimaneva in silenzio. Ma solo per un attimo, perché Walter Tobagi non è stato dimenticato e mai lo sarà. Della sua figura, della sua persona, del suo lavoro si parla ancora. Così come della sua morte, avvenuta per mano dei componenti della Brigata XXVIII Marzo, gruppo terroristico di estrema sinistra. Tra di loro vi era anche Manfredi De Stefano.

Il significato di "Vicolo Tobagi"

Lo spettacolo è intitolato “Vicolo Tobagi”. Sul palco De Stefano ha interpretato proprio Walter Tobagi. "Ho voluto portare ad Arona uno spettacolo che ha fatto il giro d’Italia – spiega – in realtà domenica sera, al Teatro San Carlo, non è andata in scena la versione integrale, ma una parte del monologo che ho ritenuto particolarmente significativa. Di solito lo spettacolo si apre con la figura di Walter Tobagi che, apparentemente disteso a terra esamine, si alza e inizia a raccontare. Il fatto che sia proprio io ad interpretare Tobagi solitamente suscita una certa sorpresa. Sono anni che studio il caso e che mi interrogo sulle zone d’ombra della vicenda".

Ancora molti punti di questa storia restano oscuri

"Fare ricerca sulla morte di Tobagi significa fare ricerca anche sulla morte di mio fratello - spiega De Stefano - Entrambi sono state vittime di un sistema, io provo dolore per Tobagi nella stessa misura in cui provo dolore per la morte di Manfredi". Nel ripercorrere i fatti avvenuti in quegli anni, Antonello De Stefano è stato accompagnato da alcuni ospiti speciali in collegamento, come il magistrato Guido Salvini, l’avvocato Davide Steccanella e Dario Covolo, ex componente del Nucleo Antiterrorismo del Generale Dalla Chiesa. Con loro è stato possibile ripercorrere le vicende, analizzare le carte e portare il pubblico a ragionare insieme su alcuni aspetti della vicenda ancora poco chiari: "che all’interno del Corriere della Sera fosse presente il potere della P2 di Licio Gelli è ormai cosa nota, basti pensare che il direttore di quegli anni era Franco Di Bella, iscritto alla P2 con la tessera numero 1887 – dice – non è poi così assurdo pensare che la figura di Walter Tobagi fosse scomoda perché Tobagi era un giornalista che aveva metodo e andava contro corrente. Era anche andato dal ministro Rognoni perché aveva capito che qualcosa non andava. Non è così assurdo pensare che i ragazzi della Brigata XXVIII Marzo non si siano mossi in modo completamente autonomo, ma che siano stati manovrati. In più mancano delle carte, sono spariti dei documenti. In tutto questo, mio fratello Manfredi rappresentava un rischio dopo l’arresto, avrebbe potuto rivelare delle informazioni scomode. Dicono che è morto in carcere per un aneurisma. L’idea che sia stato ucciso non è poi così assurda, anche perché la sua cartella clinica è stata manomessa".

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