Nerini, titolare della funivia di Stresa, fa causa al comune
Nerini, a quanto è dato sapere, avrebbe chiesto in qualità di amministratore delle Funivie del Mottarone oltre un milione di euro per il mancato pagamento della rata annuale del 2021.
In attesa del 18 novembre, data in cui davanti alla giudice Annalisa Palomba riprenderà (salvo imprevisti) l’udienza dell’incidente probatorio per far luce sulle cause della strage della funivia del Mottarone – 14, va ricordato, le vittime nella caduta della cabina numero 3 – è notizia di questi giorni che il titolare dell’impianto Luigi Nerini, uno dei principali indagati, ha fatto causa al Comune di Stresa, che nei mesi scorsi gli aveva revocato la concessione.
I fatti
Nerini, a quanto è dato sapere, avrebbe chiesto in qualità di amministratore delle Ferrovie del Mottarone oltre un milione di euro per il mancato pagamento della rata annuale del 2021 pari a circa 143 mila euro, prevista dal contratto come contributo per l’ammodernamento dell’impianto avvenuto tra 2015 e 2016, e di tutte le rate non ancora saldate fino alla scadenza del contratto, prevista al 31 dicembre 2028. Almeno originariamente.
«Nella sua richiesta – ha spiegato all’Ansa l’avvocato Sandro Bussi, che assiste il Comune di Stresa - Ferrovie del Mottarone richiama l’articolo 1186 del codice civile, quello che stabilisce che il creditore (in questo caso la Società che aveva il gestione la funivia) può esigere immediatamente il pagamento del dovuto se il debitore (nella fattispecie il Comune di Stresa) è divenuto insolvente o ha diminuito le garanzie date. Mi pare che non possa essere applicato a questo caso, ma naturalmente deciderà il giudice. Da un punto di vista morale, forse, non era il momento giusto per fare questa richiesta», commenta il legale.
L’udienza civile presso il tribunale di Verbania è stata fissata per martedì 29 novembre. Intanto, a un anno e mezzo dalla tragedia, mercoledì 9 novembre era in programma l’udienza del Riesame sulle richieste di misure cautelari nei confronti dello stesso Nerini e di Enrico Perocchio, direttore d’esercizio. Ai giudici il compito di riconsiderare la posizione dei due – come sentenziato di recente dalla Cassazione – in vista del probabile procedimento che seguirà la fine della lunga e complessa fase di incidente probatorio. Si è tornati, dunque, a Torino dopo che era stata annullata con rinvio la precedente decisione, che aveva disposto gli arresti domiciliari per Nerini e Perocchio. Per quest’ultimo i giudici avrebbero dovuto limitarsi a valutare un’altra misura meno restrittiva, come suggerito, la sospensione della licenza che sarebbe sufficiente ad annullare il rischio di reiterazione del reato. Per Nerini, invece, la Cassazione aveva annullato in toto la decisione precedente, perché non era stata ammessa la memoria presentata dai suoi legali. Il che aveva costituito una limitazione del diritto di difesa dell’indagato. Ma c’è stato subito il colpo di scena e l’udienza è stata immediatamente sospesa.
L’altro ieri l’avvocato Pasquale Pantano, difensore di Nerini, ha presentato istanza di ricusazione del collegio giudicante: due giudici su tre sono gli stessi che si erano già pronunciati sul caso il 28 e 29 settembre 2021 e la Cassazione aveva invece rimandato la decisione a un’altra sezione. Sulla vicenda della ricusazione il legale di Perocchio, Andrea Da Prato, si è rimesso alla decisione della Corte di Appello: i tempi non dovrebbero essere lunghissimi. Al momento nell’inchiesta coordinata dalla procuratrice Olimpia Bossi gli indagati sono 14 (12 persone più due società) e, come emerso dalle varie perizie degli esperti, la caduta della cabinovia nel bosco, dove a salvarsi era stato il solo Eitan di 5 anni, era stata determinata dalla mancanza di manutenzione (il 63% della fune portante è risultato deteriorato) e dall’inserimento dei forchettoni che non avevano permesso ai freni di emergenza di entrare in funzione.