Ha ucciso il dottor Falcetto con un machete: "Mi ha insultato, ho perso la testa"
Le versione del killer.
Benedetto Bifronte, il 62enne omicida di Rozzano in carcere a San Vittore per l'omicidio del chirurgo biellese Giorgio Falcetto, massacrato a colpi di accetta in seguito a una lite al Policlinico di San Donato, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip Chiara Valori.
"Conoscevo quel medico, mi ha rovinato la vita"
Tuttavia, quando è stato fermato dai carabinieri a Rozzano, lunedì scorso ai militari aveva rilasciato dichiarazioni spontanee, una confessione con dei particolari che facevano già supporre che quell'esplosione di violenza non fosse del tutto casuale. Conosceva dal 2 febbraio 2021 il 76enne medico biellese. Ai carabinieri Bifronte aveva detto di essersi svegliato quella mattina (l'aggressione è avvenuta verso le 10) "con dolori al petto, avevo la pressione alta". Per questo si era recato al pronto soccorso, prima di rinunciare perché c'erano troppe persone in attesa. Stava per andare via - avrebbe raccontato - quando ha incrociato Falcetto che stava staccando dopo il turno di notte e la colazione. "Un paio di anni fa mi aveva fatto due flebo che mi hanno provocato gravi problemi di salute. Mi ha rovinato la vita".
La lite
Sempre nella confessione spontanea ai carabinieri, Bifronte ha detto di aver incrociato il dottor Falcetto fuori dal pronto soccorso e di aver chiesto aiuto: "Mi ha risposto di andare a fare in c... mi ha dato della testa di c...". Al volante dell'auto avrebbe fatto quindi retromarcia sfondando la fiancata della Chevrolet del medico, che secondo la sua versione l'avrebbe ancora insultato, dandogli della "testa di c..." e del "figlio di p..." . Sarebbe seguita una colluttazione e Bifronte ha detto di aver perso la testa ripensando "a tutto quello che mi aveva fatto in passato" .
A quel punto ha preso l'accetta dalla sua auto e si è scagliato contro il medico con una furia bestiale. Avrebbe anche detto di essere stato bloccato da alcune persone (ma non risulta). Poi è fuggito, attraversando strade secondarie, lontano da telecamere che potessero inquadrare la sua auto, ha raggiunto la palazzina popolare di Rozzano dove abita e dopo essersi cambiato gli abiti ha nascosto in uno scantinato l'accetta. Dopo aver cercato di depistare gli investigatori raccontando di averla gettata in un tombino, è stato lui stesso ad accompagnarli nel luogo del nascondiglio e a consegnarla.