Il caso

Morì nel lago recuperando un pedalò: assolto il datore di lavoro

Secondo il giudice non è possibile accertare alcuna responsabilità nella morte di Festim Brankollari

Morì nel lago recuperando un pedalò: assolto il datore di lavoro
Pubblicato:

Festim Brankollari morì nel 2019 annegando nelle acque del lago di fronte a Meina, tentando di recuperare un pedalò di proprietà del residence per cui lavorava. Il titolare della struttura è stato assolto nel processo per omicidio colposo.

Assolto il titolare del residence di Meina

Accusato di omicidio colposo, il titolare e legale rappresentante di un residence di Meina, nel Novarese, dove quattro anni fa morì il manutentore e tuttofare, è stato assolto da tribunale di Verbania. Nel corso della penultima udienza, il 18 settembre 2023, la pm Anna Maria Rossi aveva chiesto l’assoluzione, non ritenendo possibile provare il nesso causale tra il decesso dell’operaio e la violazione di precetti infortunistici. Non c’è prova, aveva spiegato, che il datore di lavoro avrebbe potuto fare qualcosa per prevenire l’evento. E la scorsa settimana è arrivata l’assoluzione.

Nessuna responsabilità è stata accertata

Nessuna responsabilità penale per il titolare del residence, così è stato accertato dal giudice al termine del lungo dibattimento in aula, dove hanno via via sfilato molti testimoni. I fatti al centro del procedimento, che andava avanti da oltre un anno, risalgono al pomeriggio del 12 aprile 2019, nei giorni precedenti l’avvio della stagione turistica. Secondo quanto ricostruito, Festim Brankollari, cittadino albanese di 38 anni residente ad Arona con moglie e figlia piccola, da 12 anni manutentore e tuttofare di quella struttura turistica sul lago Maggiore, era uscito su una tavola da stand up paddle per recuperare un pedalò che era andato alla deriva, ma era caduto in acqua, morendo annegato. Alla tragedia avevano assistito alcuni testimoni. Inutili, purtroppo, si erano rivelati i soccorsi subito allertati. I Vigili del fuoco avevano ritrovato il corpo in serata, nel braccio di lago compreso tra Meina e Angera.

L'inizio del processo e le conclusioni dei magistrati

La procura di Verbania aveva aperto un fascicolo e, sulla scia degli accertamenti dello Spresal, era emerso che il decesso di Brankollari sarebbe stato originato – secondo l’accusa –, dalle misure di sicurezza che il titolare del residence non avrebbe garantito. Nel corso del processo (due i giudici che si sono alternati) ha deposto, tra gli altri, l’ispettore del Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro e prima dell’estate nell’aula di corso Europa a Pallanza aveva parlato l’imputato, a detta del quale il recupero del pedalò, con quelle modalità, era stata un’iniziativa presa dal 38enne. "Non gli è mai stato detto di recuperarlo, né tantomeno con la tavola". Recupero del pedalò che, peraltro, sembra fosse già stato commissionato alla Lega Navale di Arona. E pare che Brankollari avesse “solo” mansioni di operaio: doveva effettuare piccoli lavori, tra cui pulire il giardino e il solarium, tagliare l’erba e potare le piante. Il suo operato, insomma, non avrebbe previsto l’entrata in acqua. Diversa la tesi della moglie della vittima, anch’essa impiegata nel residence di Meina, costituitasi parte civile, e dei parenti, che tramite il loro legale hanno insistito per la condanna. Il consulente tecnico di parte ha ricordato le condizioni meteo non favorevoli al bagno quel pomeriggio di aprile di quattro anni fa. Oltre all’assoluzione dell’imputato, il giudice ha anche respinto la richiesta di risarcimento delle parti civili.

Seguici sui nostri canali