Il caso

Turni massacranti alla Maifredi: la pm chiede pene per 18 anni

La vicenda risale al 2014. Secondo l'accusa gli autisti erano indotti a fare turni di anche 18-20 ore consecutive

Turni massacranti alla Maifredi: la pm chiede pene per 18 anni
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Turni massacranti alla ditta Maifredi di Castelletto Ticino: per i responsabili della ditta di autotrasporti la pm chiede pene complessive per 18 anni di carcere.

Le richieste del pubblico ministero

Nel processo per gli autisti presunti “schiavizzati” alla Maifredi Autotrasporti Srl di Castelletto Ticino, chieste pene complessive per 18 anni nei confronti dei dirigenti dell’azienda operante nella catena del freddo. Un processo, quello al tribunale di Novara, che va avanti ormai da anni e che l’altro giorno, martedì 29 novembre, è proseguito davanti al collegio giudicante composto da Niccolò Bencini e Gianluca De Rosa e presieduto da Sveva Sicoli, con le richiesta appunto della pm Silvia Baglivo: 8 anni per la pombiese Gigliola Plebani, 66 anni, che la procura considera a capo dell’organizzazione e di fatto proprietaria delle società coinvolte, 6 anni per il figlio Maurizio Maifredi, 39 anni, di Castelletto Ticino, specializzato, sempre stando all’accusa, nella pulitura dei dischi e nella cancellazione di tutte le tracce relative alle violazioni di legge, 4 anni per il novarese Massimo Ghidoni, di 65 anni considerato dalla pubblico ministero il braccio esecutivo degli altri due, tanto da essere nominato amministratore unico della cooperativa “Tno” che sarebbe stata utilizzata per reclutare gli autisti, che lui stesso avrebbe poi gestito.

Le accuse

Sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione. Tramite i loro legali tutti e tre hanno sempre respinto ogni addebito. Una ventina i camionisti coinvolti, una parte dei quali si sono costituti parte civile. Secondo l'accusa gli autisti sarebbero stati costretti, anche con presunte minacce e ricatti, a turni massacranti e viaggi fino a 18-20 ore consecutive (invece delle 9 previste), senza riposo e con seri rischi, così è emerso, per la loro sicurezza. Diversi sarebbero stati gli incidenti nel tempo.

Una vicenda che risale al 2014

L’avvocato Giovanni Agnesina, difensore di tre dei camionisti che ora chiedono i danni, aveva parlato al Giornale di Arona di un processo “complesso, perché al di la di quanto succedeva ai singoli camionisti, c’è soprattutto da accertare l’estorsione, che è il vero tema”. Secondo la pm Baglivo, titolare del fascicolo, per far sembrare tutto regolare il numero di ore lavorate sarebbe stato falsificato tramite la manomissione degli strumenti di registrazione, i dischi. Per gli autotrasportatori non ci sarebbe stata via di scampo. A far partire l’inchiesta “Jukebox”, dal nome in codice dell'operazione del distaccamento della Polstrada di Arona, era stato un esposto anonimo presentato, nel febbraio 2014, da uno degli autisti. Gli agenti avevano intuito chi poteva essere l’autore della segnalazione e da lì si era arrivati alla Maifredi. La polizia aveva trovato circa 8 mila file modificati nei pc della Maifredi. Salvo nuovi slittamenti, il processo riprenderà il 20 gennaio 2023.

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