Psico-setta di Cerano: morto il "dottore" accusato di esserne il capo
Dopo un ictus il suo stato di salute si era infatti aggravato in modo irreversibile
Che le sue condizioni di salute fossero gravi era risaputo, prova ne era stata il fatto che non fosse nemmeno tra gli imputati attualmente a processo davanti alla Corte d’Assise di Novara. Gianni Maria Guidi, il "dottore" così era chiamato per via della sua laurea in Farmacia, indicato come il capo della «psicosetta delle bestie» scoperta dalla polizia di Novara nel 2020, è morto a Milano all'età di 79 anni. Una perizia medica nei mesi precedenti aveva certificato la sua impossibilità ad affrontare il dibattimento. Dopo un ictus, il suo stato di salute si era infatti aggravato in modo irreversibile.
Nell'immagine sopra il cottage dove abitava il "dottore"
L'accusa
Guidi, che era originario di Pavia, era stato indicato dagli inquirenti come il capo della presunta “Setta delle bestie”, un ruolo che lui e i suoi legali avevano sempre respinto con fermezza. Da una perizia recente era emersa la sua incapacità di stare a giudizio e perciò la posizione processuale era stata momentaneamente stralciata, così come quella della sua principale collaboratrice, Sonia Martinovic, considerata la “mamie” delle adepte, fuoriuscita nel 2013.
Sono 5 le vittime costituitesi parte civile nel processo iniziato a Novara. Sono 26 le persone a giudizio tra imprenditori, manager, psicologi, insegnanti e non solo. Le accuse sono associazione a delinquere finalizzata a commettere violenze sessuali aggravate e di gruppo, abusi, anche su minori, con riduzione in schiavitù delle vittime.
L'operazione nel 2020
L’operazione “Dioniso” della Polizia di Stato nel luglio 2020 aveva portato alla scoperta della "psicosetta", con base operativa a Cerano in un cascinale coperto dalla vegetazione e al riparo da sguardi indiscreti (e poco distante in località “Casette”, in un cottage dove il “dottore” abitava per vari periodi dell’anno). La setta aveva diramazioni a Milano, nel Pavese, in Liguria.
Secondo l'accusa le vittime, ragazze giovanissime, sarebbero state adescate tramite scuole di danza, un Centro psicologico e altri luoghi, quindi, dopo essere state indottrinate, sarebbero state allontanate dalle rispettive famiglie. A quel punto, sempre secondo l’accusa, una volta “annullate”, sarebbero diventate oggetto di pratiche sessuali, anche di gruppo, violente e con animali, consumate in quella “casa dei boschi” nel Novarese.
A dare il via alle indagini, nel 2018, era stata la denuncia di una vittima, che oggi ha 35 anni e sarà ascoltata in aula.
Prossima udienza venerdì 24 marzo.