Torturato e ucciso per la droga nei boschi dell'Ovest Ticino: chiuse le indagini
La banda di cui faceva parte e che poi lo ha ucciso era attiva nella zona dei boschi dell'Ovest Ticino
Torturato e ucciso nei boschi dell'Ovest Ticino per lo "sgarro" fatto al capo della banda di spacciatori: concluse le indagini sul caso di Achref Zai.
Chiuse le indagini per la tortura
Morte per spaccio nei boschi del Ticino, chiuse le indagini per il reato di tortura. La procura di Novara ha chiuso le indagini relative al delitto avvenuto nel maggio di due anni fa nei boschi del Ticino, dove un ragazzo era stato ucciso per uno sgarro maturato nel mondo della droga. Il reato contestato alle 5 persone finite nei guai, due delle quali risultano per ora irreperibili, è quello di tortura. Il processo si svolgerà presso la Corte di Assise. A inizio marzo, va ricordato, in otto avevano patteggiato pene comprese tra 1 e 4 anni per lo spaccio di stupefacenti, tra Novarese e Milanese, che aveva dato il via a questa vicenda di cronaca.
Seviziato e ucciso per la droga
Il delitto risale al 6 maggio 2022. All’alba del giorno dopo, come emerso dalle indagini, il corpo torturato e seviziato di Achraf Zai, pusher 24enne magrebino residente a Corsico, era stato trovato da due automobilisti in una piazzola di sosta lungo la strada che porta a Lonate Pozzolo, nel Varesotto. Una morte violentissima, scaturita perché Zai, dopo essersi allontanato da una banda comandata da due fratelli, si era tenuto della droga da rivedere in modo autonomo. Valore: 30 mila euro. Voleva mettersi in proprio, ma gli avevano fatto pagare lo sgarro con la morte a seguito di atroci sofferenze. Gli investigatori avevano poi tratto in arresto poco meno di una trentina di persone. L’operazione era stata coordinata dalla procura di Busto Arsizio e messa a segno dalla Squadra Mobile di Varese, con la collaborazione anche di quella di Novara e con misure emesse dai gip di Busto, Novara e Lodi.
Dai rilievi delle forze dell'ordine una serie di dati e informazioni su un gruppo organizzato e violento
I reati contestati, a vario titolo, erano tortura con uccisione del torturato, tentata estorsione, rapina, detenzione di armi e reati in materia di stupefacenti. Dalle indagini era emerso che la notte successiva al ritrovamento del cadavere di Achraf Zai, il capo banda era fuggito in Spagna, grazie all’aiuto dalla sua compagna. A dirigere gli affari in Italia aveva lasciato il fratello e alcuni uomini fidati, che avevano proseguito l’attività di spaccio nei boschi della provincia di Novara e lombardi. Un gruppo organizzato e violento, cui è stato possibile risalire grazie a osservazioni, intercettazioni e testimonianze di chi comprava la droga.