Indagini

Mottarone shock: la fune andava controllata ogni 6 mesi, per 5 anni nessuno l'ha fatto

La tragedia costò la vita a 14 persone delle 15 a bordo della funivia.

Mottarone shock: la fune andava controllata ogni 6 mesi, per 5 anni nessuno l'ha fatto
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Nessuno avrebbe mai controllato i primi 50 centimetri della fune traente della funivia del Mottarone. E' questo quanto emergerebbe dalle indagini circa la tragedia della funivia del Mottarone costata la vita a 14 persone.

Tragedia del Mottarone

La presunta omessa manutenzione della funivia del Mottarone torna ad essere uno dei nodi fondamentali da sciogliere nell'indagine. Questa volta, a quanto pare, gli approfondimenti che andranno effettuati riguarderebbero un manicotto ingrassato o lubrificato che avvolgeva il cavo proprio nel punto in cui si è sfibrato per poi tranciarsi e che si trova a pochi centimetri dalla testa fusa. Alle domande se avessero o meno eseguito la manutenzione di quel preciso segmento, ossia se avessero aperto quel manicotto per controllare lo stato del cavo, gli interrogati dal pm, avrebbero negato di aver proceduto in quanto non sarebbe toccato a loro e nessuno avrebbe mai indicato loro di fare quel tipo di manutenzione.

Proseguono le analisi sull'incidente

Proseguono nei laboratori trentini del Latif le analisi sull’incidente della funivia del Mottarone che il 23 maggio dello scorso anno è precipitata a valle causando la morte di 14 dei 15 passeggeri che erano a bordo. La cassetta sigillata che contiene la “testa fusa” della cabina numero 3, che era stata in precedenza prelevata da Fondotoce, è stata aperta il 25 gennaio di quest’anno, e da allora il collegio dei tecnici è al lavoro per effettuare gli esami del caso sotto la guida del professor Antonello De Luca, consulente della giudice per le indagini preliminari Annalisa Palomba.

Al laboratorio Latif questo è il “pane quotidiano”: sofisticati macchinari per mettere alla prova i sostegni di ponti, stadi e, appunto, di funivie, come quella caduta nel bosco dieci mesi fa nel Vco. L'obiettivo è far luce sulle questioni tecniche che hanno causato la strage sopra Stresa. A partire dagli spezzoni della fune traente, tranciata proprio nella “testa fusa”: perché? E, soprattutto, era stata controllata? La “testa fusa”, infatti, deve essere revisionata periodicamente. E ogni cinque anni, così dice la legge, sostituita.

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Le conclusioni cui giungeranno gli esperti saranno consegnate sul tavolo della gip del tribunale di Verbania alla fine del mese di giugno, dopo di che la lunga e complessa fase di incidente probatorio volgerà al termine e le prove raccolte potranno essere portate a processo. Sul registro degli indagati, con l’ipotesi di accusa di rimozione dolosa di cautele contro gli incidenti e omicidio colposo, compaiono 12 persone, e tra queste il gestore dell’impianto Luigi Nerini, il direttore d’esercizio Gabriele Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini, oltre a due società.

Nerini e Perocchio sono in attesa della decisione della Cassazione cui si è appellata la pm Olimpia Bossi, titolare del fascicolo d’inchiesta cui collabora la collega Laura Carrera, che ne ha chiesto gli arresti. Arresti da cui, invece, è uscito nei mesi scorsi Tadini. Si tratta dell’unico dipendente che, al momento, avrebbe confessato agli inquirenti la manomissione dei freni d’emergenza che quella domenica non erano entrati in funzione perché fermati dai forchettoni. Una pratica che a quanto pare sarebbe già stata adottata in passato per evitare il blocco del servizio.

Ancora sul tavolo del Tar la vertenza che vede contrapposti lo stesso Nerini e il Comune di Stresa che gli ha revocato la concessione, mentre si attende l’esito anche di quella avviata dalla procura della Corte dei conti del Piemonte per danno erariale.

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